Il Pil nulla ci dice di come effettivamente viva la gente. Per capirlo serve di più: un mix di economia, sondaggi e altri dati per misurare la gioia e il benessere.
Sei felice? Domanda impegnativa, a cui, probabilmente, verrebbe da rispondere "sì" solo un paio di volte nella vita, in momenti di particolare esaltazione. Eppure, è su domande come questa che la "scienza triste", come gli anglosassoni chiamano l'economia, lavora per uscire dalla prigione che lei stessa si è creata: la prigione del Pil. Dagli anni '30 del secolo scorso, i numeri del prodotto interno lordo sono diventati l'indicatore principe, a volte esclusivo, dello stato di un paese e del benessere dei suoi abitanti. Sommando la quantità e il valore dei beni e dei servizi prodotti in un paese (o, viceversa, i redditi dei suoi abitanti), il Pil è, in effetti, un efficiente termometro dello stato di un'economia. Un solo, magico, numero, che riassume milioni di numeri e che consente di fare paragoni e confronti fra diversi paesi e diversi periodi, di misurare ritmo e entità dello sviluppo. Il problema è che il prodotto interno lordo nulla ci dice di come effettivamente viva la gente, per non dire della sua felicità (continua)
MAURIZIO RICCI (La Repubblica 14 gennaio 2010)
MAURIZIO RICCI (La Repubblica 14 gennaio 2010)
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