Giovanni Sartori è amico delle citazioni di brani classici da apporre come motti all'inizio di ogni capitolo. La raccolta di questi motti costituirebbe già di per se stessa una buona guida per entrare nel suo mondo d'idee. Non gli dispiaccia se per rappresentare nel modo più conciso l’opera da lui compiuta negli ultimi trent’anni per costruire e a poco a poco rifinire una teoria della democrazia sempre più ricca di dati e d'argomenti, sfociata nei due volumi teste pubblicati, The Theory of Democracy Revisited, mi valga anch'io di un motto celebre, il lucreziano «Crescit eundo». Nel 1957 apparve il capostipite, Democrazia e definizioni, che, esaurito in sei mesi, fu ristampato l'anno dopo con una lunga prefazione che conteneva una risposta ai critici. Nel 1962 apparve la traduzione inglese, compiuta dall'autore medesimo, con un titolo nuovo: Democratic Theory. Il mutato titolo stava a dimostrare che la nuova edizione non era soltanto una riproduzione dell'edizione italiana, ma conteneva qualche integrazione e qualche opportuno adattamento per il pubblico americano, e inoltre due capitoli nuovi di carattere essenzialmente metodologico (continua)
Norberto Bobbio
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