Sono le tre di un pomeriggio d’estate. Il sole è impietoso. L’ombra non esiste o forse è solo un’illusione ottica, dal momento che non provo alcun sollievo nemmeno a restare seduto sotto un ombrellone degli chalet a Mergellina. A Napoli si chiama «controra». Il termine sta a indicare che si tratta di un’ora contraria, cioè di un’ora che dovrebbe essere vissuta come un’ora della notte: a letto e nel buio di una stanza. L’orario unico è stato inventato nei paesi senza sole. Sono con un collega di Milano e ci stiamo riposando da un’eccellente colazione consumata a «Vini e Cucina», la famosa trattoria della signora che sta di fronte alla stazione di Mergellina. La signora ci ha preparato una cosa semplice, e durante il pranzo ha ritenuto suo dovere riempire di male parole il mio povero amico, reo di essere milanese e quindi probabile tifoso interista. Inutilmente il mio amico ha fatto presente che lui nella sua vita non era mai andato a vedere una partita di calcio; niente da fare: la signora ha continuato imperterrita a fare apprezzamenti sulla sua persona, sul fatto che parlava con l’erre moscia e sulla sua presumibile scarsa virilità, ha quindi esteso tali dubbi a tutti gli uomini milanesi ed in particolare ad Helenio Herrera, ex allenatore dell’Inter, ed infine ha tenuto una filippica contro Garibaldi, colpevole di aver unificato l’Italia allo scopo d’impedire al Napoli di vincere tutti gli anni lo scudetto del Regno delle Due Sicilie (continua)
Luciano De Crescenzo (Così parlò Bellavista - Arnoldo Mondadori Editore)
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