domenica 7 luglio 2013

In morte di Andreotti


A differenza di altri io ho avuto sempre una certa simpatia e anche stima per l’onorevole Giulio Andreotti.
Ho incontrato il 'divo Giulio' solo in due occasioni. Nel 1980 lavoravo per Il Settimanale e mi ero messo in testa di fare un’inchiesta sui danni che aveva provocato all’Italia l’aver fissato la capitale a Roma e avanzavo la proposta protoleghista di spostarla altrove («Via da Roma la capitale», Il Settimanale, 4/11/1980). Fra i personaggi da sentire mi sembrava indispensabile Giulio Andreotti, politico già allora di lunghissimo corso e oltretutto romano doc. Ma disperavo di arrivarci, Il Settimanale era un piccolo giornale. Telefonai alla segretaria, la mitica Enea, che mi chiese il tema dell’intervista, il tempo che mi occorreva e quello che avevo per andare in pagina. Le spiegai il tutto. Mi rispose che mi avrebbe fatto sapere entro una mezz’ora. E infatti dopo mezz’ora mi chiamò dicendomi che l’onorevole Andreotti mi avrebbe ricevuto per quaranta minuti in un centro diocesano di Metanopoli vicino all’aeroporto di Linate perché subito dopo sarebbe dovuto ripartire per Roma. La cosa mi stupì: era un modo di fare alla tedesca, non all’italiana (continua)

 

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