Indifferente al significato dell'impegno internazionale che lo attende da oggi in Israele, Berlusconi riesce a parlare, in un colloquio con Haaretz, delle sue personali contrarietà domestiche ficcandole senza imbarazzo tra la politica di colonizzazione dei territori arabi, le relazioni diplomatiche tra Tel Aviv e Damasco, il minaccioso programma nucleare di Teheran. Prigioniero di se stesso, l'Eletto non può concepire agenda nazionale e internazionale che non preveda la glorificazione della sua azione di governo, l'autoelogio, un'incontrollata quantità di menzogna politica. Come un bambino capriccioso che sorride, piagnucola e ringhia se non lo si coccola come desidera, Berlusconi chiede all'appuntamento internazionale l'applauso che gli assicuri un qualche restyling della sua compromessa credibilità di "uomo di Stato". Vaste programme, che lo costringe a parlare di se stesso anche in quest'occasione.
Lo fa nel solito modo: "Sono stato vittima per molti mesi di una campagna di stampa che è stata probabilmente la più aggressiva e calunniosa di quante ne siano mai state condotte contro un capo di governo. Ho subito aggressioni politiche, mediatiche, giudiziarie, patrimoniali e anche fisiche".
Sono parole sventurate per più ragioni (continua)
Giuseppe D'Avanzo (La repubblica - 1 febbraio 2010)
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