Esopo ci conta che un tale s’accattò uno schiavo negro essendosi convinto che il colore della sua pelle fosse dovuto all’incuria del padrone di prima. Se lo portò alla so’ casa, lo spogliò nudo e principiò a lavarlo. Continuò per ore poi fece una bella pinsata: pigliati tutti i detersivi che la moglie aveva, li versò alla sanfasò dintra una tinozza e c’infilò macari lo schiavo. Ce lo tenne per tutta la notata: al matino il negro non solo non era sbiancato, ma si era pigliato una polmonite. Esopo però non conta il seguito. La mogliere del tale, che aveva avuto modo di ammirare quanto fosse stacciùto il negro mentre che il marito lo lavava, amorevolmente si mise a curarlo durante la malattia. E cura oggi, cura domani, a nove mesi si sgravò di due gemelli color nocciola. Il tale, al quale manco passava per l’anticamera del cervello che la mogliere l’avesse fatto becco con lo schiavo, di subito si fece pirsuaso che i negri erano contagiosi e dovevano essere allontanati dalla città.
Andrea Camilleri (Favole del tramonto - Edizioni dell’Altana, 2000)
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