venerdì 4 settembre 2009

Quando nel 1949 la senatrice Merlin presenta la sua prima proposta di legge per la chiusura dei bordelli, cita anche qualche dato che fa rabbrividire


Nel 2008 l’Italia ha ricordato, senza fanfare, anzi con qualche dubbio, il cinquantennio della Legge Merlin: sancì, nel 1958, la fine delle “case chiuse”. Istituzione, se così si può dire, nata assieme all’Unità d’Italia. I bordelli regolati dallo Stato sono in effetti un’invenzione di Napoleone Bonaparte, che li adopera per tener buona la truppa. Quando il nipote Napoleone III si prepara a scendere in Italia, nel 1859, per dar man forte ai Savoia contro gli austriaci, esige che per i suoi soldati si renda disponibile un esercito parallelo di prostitute. Il governo piemontese provvede. Nascono i postriboli di stato. Sottoposti a un regolamento del Regno di Sardegna ripreso pari pari dal modello francese e trasmesso in eredità al Regno d’Italia. Il decreto che istituisce le case di tolleranza è approvato con la benedizione di Camillo Benso di Cavour il 15 gennaio 1861 – un mese prima della proclamazione dell’Unità – e ha il dichiarato obiettivo di “proteggere la salute e la morale della nuova nazione”. Con ammirevole puntigliosità piemontese, si stabiliscono perfino le tariffe che il gestore può richiedere ai clienti: “Case di 1° classe lire 5; Case di 2° classe da lire 5 a lire 2; Case di 3° classe al di sotto delle lire 2”. Come si può notare, manca però un dettaglio importante: il tempo. Morto Cavour, il ministro Rattazzi provvede nel 1862 a colmare la lacuna. “Tali tariffe vanno, com’è naturale, riferite ad un semplice trattamento. Ove l’intrattenentesi chiedesse di prolungare il colloquio (continua)


Antonio Caprarica (Gli italiani la sanno lunga …. O no? – 2008 – Sperling & Kupfer)

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