L'arzillo polentone Ernesto Cravos, classe 1914, si è gagliardamente lanciato col paracadute, nel cielo sopra il Piave, a 90 anni passati: «Mi preoccupava un po' solo un piede malandato». L'attore Philippe Leroy, reduce della guerra d'Indocina, si è buttato a 75 atterrando con un inchino e un baciamano galante alle signore. E un gruppo di pazzi guidato dalla signora Karina Willerup ha battuto ogni primato allacciando in un girotondo aereo sotto il sole di Bangkok, mano nella mano, 357 paracadutisti. Ma se ne facciano tutti una ragione: nessuno atterra col paracadute come i politici italiani. Disse un giorno Giuliano Ferrara dopo una sconfitta, per il gusto dello sberleffo: «La caduta è il momento magico della politica, quello in cui essa ti si rivela con le sue maschere, le sue debolezze, le sue vanità. E in cui riassapori il piacere di gironzolare per Roma. E bellissima, la caduta». Sarà. Ma la grande maggioranza dei nostri deputati, senatori, sindaci, governatori, assessori regionali, ci fa una malattia, a cadere. C'è chi reagisce sventagliando insulti, come Vittorio Sgarbi dopo esser stato trombato dagli elettori veneti nel '96: «Sono dei deficienti. Egoisti. Stronzi. Destrorsi. Unti. Razzisti. Evasori (continua)
S.Rizzo -G.A.Stella (La Casta - Rizzoli)
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