La scena supera la più allucinata fantasia dei maestri dell’horror,
roba da far impallidire Stephen King e Dario Argento. Il cadavere
putrefatto e maleodorante di un sistema marcio e schiacciato dal peso di cricche e mafie,
tangenti e ricatti, si barrica nel sarcofago inchiodando il coperchio
dall’interno per non far uscire la puzza e i vermi. Tenta la mission
impossible di ricomporre la decomposizione. E sceglie un becchino a sua
immagine e somiglianza: un presidente coetaneo di Mugabe, voltagabbana
(fino all’altroieri giurava che mai si sarebbe ricandidato) e
potenzialmente ricattabile (le telefonate con Mancino, anche quando
verranno distrutte, saranno comunque note a poliziotti, magistrati,
tecnici e soprattutto a Mancino), che da sempre lavora per l’inciucio (prima con Craxi, poi con B.) e finalmente l’ha ottenuto (continua)
Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano, 21 Aprile 2013)
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