Circa dieci mesi or sono prendendo la parola di fronte alla Camera dissi con franchezza cio' che un ex Presidente della Repubblica defini' poi come l'apertura di quella "grande confessione" verso la quale avrebbe dovuto e dovrebbe aprirsi, con tutta la sincerità necessaria, tutto o gran parte almeno del mondo politico. I giudici che mi accusano l'hanno considerata invece come una "confessione extragiudiziale" elevandola subito e senz'altro a prova di primo grado contro di me. Quella per la verità era ed è rimasta la sola prova di quell'accusa. Sempre che una dichiarazione una analisi ed una riflessione fatte di fronte al Parlamento possano essere considerate alla stregua di una prova penale. Ricordo che, ancor prima di allora, commentando a caldo le prime esplosioni scandalistiche milanesi che aprivano il libro dagli inesauribili capitoli apertosi poi un po' dovunque, mi ero permesso semplicemente di dire :"Su quanto sta accadendo la classe politica ha di che riflettere". Questa affermazione fu allora maltrattata come espressione di un atteggiamento intimidatorio, provocatorio, financo ricattatorio. In realtà non era difficile avvertire gia' da allora tutta la dimensione del problema che si era aperto, tutta la sua gravità e la sua complessità. Non era difficile cogliere la inutilità e l'errore di una difesa e di una giustificazione che non fossero improntate al linguaggio della verità (continua)
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