giovedì 8 aprile 2010

Quando essere vecchi significava saggezza


La vecchiaia non è solo un destino biologico, ma anche storico-culturale. Quando il tempo era ciclico e ogni anno il ritmo delle stagioni ripeteva se stesso, chi aveva visto di più sapeva di più. Per questo "conoscere è ricordare", come annota Platone nel Menone, e il vecchio, nell’accumulo del suo ricordo, era ricco di conoscenza. Oggi con la concezione progressiva del tempo, non più ciclico nella sua ripetizione, ma freccia scagliata in un futuro senza meta, la vecchiaia non è più deposito di sapere, ma ritardo, inadeguatezza, ansia per le novità che non si riescono più a controllare nella loro successione rapida e assillante. Per questo Max Weber già nel 1919 annotava: “A differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, oggi gli uomini non muoiono più sazi della loro vita, ma semplicemente stanchi”. Per questo la vecchiaia è dura da vivere, non solo per il decadimento biologico e il condizionamento storico-culturale, ma anche per una serie di destrutturazioni che qui proviamo ad elencare (continua)

Umberto Galimberti (La Repubblica - 29 febbraio 2008)

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