Con i funerali di oggi «l'orgia massmediatica», come l'ha chiamata sul nostro giornale il professor Silvio Lanaro, che ha vampirizzato la carne di Wojtyla avrà il suo culmine ma anche la sua fine.
Di quest'orgia sono certamente responsabili gli stessi mass media che, da qualche anno, sono soliti enfatizzare e retoricizzare fino al grottesco qualsiasi avvenimento e in particolare morti, avvertite come uno scandalo intollerabile, dei personaggi, a qualsiasi titolo, famosi. Se si dedicano nove pagine alla morte di Battisti (non Cesare ma Lucio, il cantante), come fece a suo tempo il Corriere della Sera, è poi difficile pensare che i giornali e le televisioni si contengano quando di mezzo c'è una figura come Papa Wojtyla. Ma all'origine di quest'orgia c'è anche, se non soprattutto, Wojtyla stesso che è stato, fino all'ultimo, fino alla sua esibita agonia, un papa massmediatico. E qui sta la ragione della sua immensa popolarità ma anche il punto di debolezza del suo pontificato.
Durante i 26 anni del suo papato la popolarità di Karol Wojtyla non ha fatto che crescere smisuratamente fino a espressioni di autentico fanatismo, come nelle persone che hanno affrontato 14 ore di coda sotto il sole per vederne di sfuggita la salma, ma, nello stesso periodo di tempo, le vocazioni sono crollate drasticamente e il sènso del sacro è scomparso in tutto l'Occidente, soprattutto quello cattolico. Ciò significa, lo si voglia o no, che Papa Wojtyla è stato percepito dalla gente, anche da buona parte di quella che oggi fa la fila per vederne le spoglie mortali, come una grande star del firmamento internazionale, quasi una rockstar alla maniera di Elton John, di Michael Jackson, di Bruce Springsteen, con un carisma quindi mondano ma, al fondo, privo di un autentica portata morale. Tanto è vero che quando Wojtyla tuonò contro la guerra in Iraq non solo la cattolicissima Spagna di Aznar se ne infischiò, ma alla guerra ci sono andati allegramente anche i «suoi» devotissimi polacchi (continua)
Massimo Fini (Il Gazzettino 08/04/05)
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