venerdì 2 aprile 2010

LA LEGGENDA DELL'ULTRÀ BENEDUCATO


Ricomincia il campionato, e dobbiamo riconoscere che il calcio italiano ha risolto molti problemi meglio della politica. Primo, il lavoro. In almeno cinque o sei squadre, ci saranno calciatori pagati miliardi per non giocare e restare in panchina. È il più alto sussidio di disoccupazione che il mondo conosca. Secondo, la droga. Per abbassare il numero dei drogati, basta ammorbidire i test che segnalano il doping. Semplice e geniale. Terzo, l'immigrazione. Sono stati accolti giocatori stranieri, di ogni colore e nazionalità e a nessuno è stato negato il permesso di soggiorno. Quattro, la giustizia. Il sorteggio degli arbitri dovrebbe eliminare ogni sospetto, ma presto qualcuno scriverà che il bimbo che estrae i numeri dall'urna è stato visto arrivare guidando una Fiat Croma. Cinque, le tasse. Cragnotti, presidente della Lazio e zar di tutte le scamorze, compra Vieri e alza il prezzo del latte. Niente inutili conteggi e moduli complicati, ci si sveglia la mattina e si paga. Ma c'è ancora spazio per lo sport eroico e puro in questo carrozzone miliardario? Sì, c'è: oggi vi raccontiamo la leggenda dell'ultrà buono (continua)

Stefano Benni (1998)

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