Secondo Angelo Panebianco, editorialista del Corriere (e non solo lui), la condanna definitiva di B. per frode fiscale
non dipende dal fatto che B. è un frodatore fiscale, ma dallo
“squilibrio di potenza fra magistrati e politica”. Perché in Italia la
politica sarebbe “un potere debole e diviso” che non riesce a riformare
il “potere molto più forte e unito” della magistratura. Solo separando
le carriere, abolendo l’azione penale obbligatoria, trasformando il pm
in “avvocato dell’accusa”, spogliando il Csm, cambiando la scuola e il
reclutamento delle toghe e rimpolpando i poteri del governo nella Costituzione
si eviteranno sentenze come quella del 1° agosto. Forse Panebianco non
sa che in tutte le democrazie del mondo, anche quelle che hanno da
sempre nel loro ordinamento le riforme da lui auspicate, capita di
continuo che uomini politici vengano condannati se frodano il fisco, con
l’aggiunta che vengono pure arrestati e, un attimo prima, cacciati
dalla vita politica (continua)
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