lunedì 1 marzo 2010

Benito Mussolini Discorso alla Camera dei Deputati (3 Gennaio 1925)


Signori!

Il discorso che sto per pronunziare dinanzi a voi forse non potrà essere, a rigor di termini, classificato come un discorso parlamentare.
Può darsi che alla fine qualcuno di voi trovi che questo discorso si riallaccia, sia pure attraverso il varco del tempo trascorso, a quello che io pronunciai in questa stessa aula il 16 novembre.
Un discorso di siffatto genere può condurre, ma può anche non condurre ad un voto politico. Si sappia ad ogni modo che io non cerco questo voto politico. Non lo desidero: ne ho avuti troppi.
L'articolo 47 dello Statuto dice:
« La Camera dei deputati ha il diritto di accusare i ministri del re e di tradurli dinanzi all'Alta corte di giustizia ».
Domando formalmente se in questa Camera, o fuori di questa Camera, c'è qualcuno che si voglia valere dell'articolo 47. [Vivissimi prolungati applausi. Moltissimi deputati sorgono in piedi. Grida di "Viva Mussolini!". Applausi anche dalle tribune].
Il mio discorso sarà quindi chiarissimo e tale da determinare una chiarificazione assoluta.
Voi intendete che dopo aver lungamente camminato insieme con dei compagni di viaggio, ai quali del resto andrebbe sempre la nostra gratitudine per quello che hanno fatto, è necessaria una sosta per vedere se la stessa strada con gli stessi compagni può essere ancora percorsa nell'avvenire.
Sono io, o signori, che levo in quest'aula l'accusa contro me stesso (continua)

Benito Mussolini

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