Nel suo ultimo libro, "Il Ribelle dalla A alla Z", non lascia adito a dubbi: "la democrazia rappresentativa è un ingegnoso sistema per metterlo nel culo alla gente, e soprattutto alla povera gente, col suo consenso".
Massimo Fini, 62 anni, firma storica del giornalismo italiano (ha scritto per l'"Europeo", il "Giorno", "L'Indipendente"), oggi opinionista per le testate del Quotidiano Nazionale e per il Gazzettino, scrittore di successo (sono suoi i bestseller "Il Vizio Oscuro dell'Occidente" e "Sudditi. Manifesto contro la democrazia") fondatore di Movimento Zero, presente anche a Vicenza, è l'unico intellettuale in Italia a sottoporre a una critica radicale il pensiero unico liberaldemocratico e la divisione fra Destra e Sinistra, che considera "illusoria". Per questo valuta positivamente l'esperimento di democrazia diretta tentato a Vicenza come ci spiega in questa intervista esclusiva.
Domenica 10 settembre i cittadini di Vicenza saranno chiamati a votare un referendum sulla democrazia diretta, che nei tuoi scritti consideri la sola vera democrazia storicamente realizzata.
D. Perché la democrazia diretta è migliore di quella rappresentativa?
R. Per il semplice fatto che la democrazia rappresentativa con l'elezione di rappresentanti fa sì che questi si costituiscano in un'oligarchia che fa i suoi interessi e non quelli dei cittadini, com'è sempre avvenuto e com'è stato ampiamente dimostrato innumerevoli volte.
D. Gli oppositori del referendum sostengono che con un sistema diretto le istituzioni elettive sarebbero svuotate di senso. Vero o falso?
R. Sì, è vero, tutti i sistemi di democrazia diretta finiscono con lo svuotare quelli rappresentativi. Ma questo è logico, se se ne accettano le premesse.
D. La democrazia ha come ragion d'essere la libertà del singolo cittadino. Tu invece sostieni che oggi è l'opposto: l'individuo è un suddito, né più né meno che in altri regimi, come quello monarchico ad esempio. Perché invece che cittadini saremmo sudditi?
R. Perché queste oligarchie politiche, ovvero i partiti, fanno quello che vogliono. Ciò che avviene in parlamento è la facciata, la superficie, ma in realtà le vere decisioni vengono prese dietro le quinte. Il cittadino crede di scegliere, e invece è una truffa.
D. Il referendum propone un quorum basso, il 10% degli aventi diritto, motivandolo come uno stimolo necessario alla partecipazione. Secondo te così si tutelano i diritti del singolo elettore?
R. Mi pare che in Svizzera non sia nemmeno previsto un quorum, eppure il sistema funziona benissimo. E' una questione di costume, di abitudine, di educazione alla democrazia diretta. Si tratta di saperla usare, possibilmente non nel modo dissennato che ne ha fatto il Partito Radicale in Italia.
D. Hai scritto: "Oggi si vota con la stessa razionalità con cui si tifa Lazio, Milan o Inter", cioè in base a fattori emotivi e identitari più che valutativi e razionali. Con una democrazia diretta sarebbe diverso?
R. Sì, perché in luoghi circoscritti chi va a votare sa che cosa vota. E' vero che i media restano in mano alle oligarchie politiche ed economiche, e che c'è tutta una serie di fattori che vanno oltre lo stretto ambito politico. Ma io parto dal presupposto che Destra e Sinistra sono categorie obsolete e illusorie. Noi siamo spettatori di una partita in cui sono sempre loro, le oligarchie, a giocare. Ecco perché quando i due popoli di destra e sinistra vanno in piazza non fanno che illudersi di scegliere.
D. Tu hai scritto che per concretizzarsi una democrazia diretta presuppone la conoscenza reale della materia da decidere, e questo avviene solo a livello locale. La strada intrapresa a Vicenza nell'ambito di un singolo Comune è quella giusta?
R. Diciamo che è un segnale. Però bisogna tener presente che il trend di fondo va in direzione contraria: pensiamo alla globalizzazione, allo 'stato mondiale unico'.
D. Nel comitato promotore, Più Democrazia, ci sono anche singole personalità di partito, e alcune forze politiche hanno appoggiato la campagna per il referendum, anche a livello economico. Tuttavia l'impressione è che i partiti restino indifferenti all'esito referendario. Che ne pensi?
R. I partiti sono chiaramente ostili perché la democrazia diretta toglie loro potere. Ma per non sembrare antidemocratici, fanno finta di appoggiare tentativi come questo. Sono i partiti a scegliere per noi, noi cittadini non scegliamo nemmeno più i candidati, come ha stabilito anche l'ultima legge elettorale. Bobbio, che non può essere tacciato di essere un antidemocratico, scriveva che "l'unica vera opinione è quella di coloro che non votano perché hanno capito che le elezioni sono un rito cui ci si può sottrarre senza danni". Io infatti non vado più a votare. Perché gli apparati fanno prevalere chi vogliono, non chi vogliamo noi.
D. In concomitanza con la campagna referendaria, Vicenza ne sta vivendo un'altra: quella contro una seconda base militare Usa in città, anche se l'ultima parola spetta al Governo. Tu credi che la democrazia diretta locale potrebbe essere la soluzione?
R. Sì, può esserlo, com'è successo di recente in Sardegna nel caso della Maddalena. Ma se poi la decisione finale resta al governo e la base invece che da voi viene fatta da un'altra parte, siamo daccapo. Il problema è il conflitto fra istanze locali e Stato nazionale, e finchè quest'ultimo non imploderà su se stesso poco si può fare. Si potrebbe fare di più se a mediare con lo Stato nazionale ci fossero delle macroregioni coese socialmente economicamente e politicamente, all'interno di un’Europa unita, armata, nucleare e autarchica, cioè liberata dagli Stati Uniti e dalla globalizzazione.
D. In definitiva se tu fossi un cittadino di Vicenza come voteresti il 10 settembre?
R. Voterei sì, anche se, ripeto, è più un segnale che un'azione. Un segnale importante però: la gente si è stufata di dover subire le decisioni dall'alto.
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