Ho letto la bella intervista di Emiliano Liuzzi a Mario Capanna.
Conosco Capanna dal 1968 e ho per lui stima e anche affetto. Perché è
stato una delle rarissime persone capace di entusiasmarmi, agli inizi
del movimento studentesco, non ancora MS. Capanna era personalmente
contrario alla violenza. Preferiva gli sberleffi ludici, come il lancio
delle uova alla Scala sulle 'sciure' invisonate. O come quando in Largo
Gemelli, con un megafono in mano, ordinò ai carabinieri della locale
stazione di arrendersi. Fummo subito caricati e ci rifugiammo in una
chiesa sconsacrata, lì vicino. Ma eravamo circondati, in trappola.
Capanna con altri afferrò una grande asse di legno che serviva per i
restauri e la usò come un maglio contro una porticina che dava sul
retro. Era una scena medioevale (continua)
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 5 settembre 2014)
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