martedì 27 gennaio 2015
Walter Tocci: " Mio intervento in Senato del 7 Ottobre nel dibattito sulla legge delega per il lavoro".
La richiesta del voto di fiducia sembra una prova
di forza ma è un segno di debolezza. Il governo chiede al Parlamento una delega
a legiferare mentre impedisce al Parlamento di precisare i contenuti di quella
stessa delega. Il potere esecutivo si impadronisce del potere legislativo per
disporne a suo piacimento, senza alcun contrappeso istituzionale. Il Senato
delega per sentito dire nelle televisioni, senza quei “principi e criteri
direttivi” prescritti dalla Costituzione. È l’anticipazione di un metodo che
diventerà normale con la revisione costituzionale in atto.
Si forzano le regole per paura di un libero
dibattito parlamentare. Il Presidente del Consiglio non è in grado di
presentare gli emendamenti che ha proposto come segretario del suo partito (continua)
Walter Tocci (waltertocci.blogspot - 7 ottobre 2014)
FIDUCIA CIECA
Non bastava la delega in bianco, non bastava
l’auto fiducia dell’esecutivo a se stesso, il governo aveva in serbo
un’altra umiliazione per il parlamento. Ha imposto ai senatori di
discutere tutto il pomeriggio un disegno di legge che non
conoscono. Che nessuno ancora ufficialmente conosce. E i senatori
lo hanno fatto, offrendo qualche ragione a chi ne teorizza l’inutilità
e accettando di dibattere il disegno di legge delega, cosiddetto
jobs act, che il governo stava intanto riscrivendo. Quando oggi lo
leggeranno avranno appena il tempo di approvarlo. Con la fiducia (continua)
Andrea Fabozzi (Jack's Blog - 8 ottobre 2014)
Consulta e Csm: il vergognoso balletto orchestrato dai partiti
Donato
Bruno, uno dei possibili 'papabili', insieme a Luciano Violante,
all'incarico di giudice della Corte Costituzionale per completarne la
composizione, ma la cui candidatura, come quella del collega, con cui
viaggiava in tandem, era stata bloccata per settimane perché in
Parlamento, dopo varie tornate, nessuno dei due era riuscito a
raggiungere il quorum, aveva dichiarato un paio di giorni fa: «Ritengo
doveroso rimettere nelle mani del presidente Silvio Berlusconi la mia
candidatura» (continua)
Massimo Fini (Il Gazzettino, 3 ottobre 2014)
Mario Savio: "IL RAGAZZO SULLA MACCHINA"
“LO STUDENTE CHE CAMBIÒ IL MONDO ” oggi avrebbe
settantadue anni. Avrebbe potuto diventare un grande leader politico,
ma non volle: la vita pubblica gli avrebbe richiesto troppi compromessi;
quella privata fu fin troppo tormentata. Morì giovane, per un infarto, a
soli cinquantaquattro anni. Si chiamava Mario Savio e il primo ottobre
1964 all’università di Berkeley — cinquant’anni fa — diventò il simbolo
genuino e quasi involontario di un movimento degli studenti che sarebbe
poi esploso in tutto il mondo quattro anni dopo, nello storico 1968. Ed
ecco come andò la storia. Siamo nell’autunno del 1964, nel campus di
Berkeley, la più antica delle università statali della California, nella
baia di San Francisco; l’anno che si avvia a finire è un concentrato di
contraddizioni americane. John Kennedy è stato ucciso da appena dieci
mesi (continua)
Enrico Deaglio (Jack's Blog - 5 ottobre 2014)
Risparmi, regole e ragione
Mi confortava
la frase incorniciata e collocata in bella evidenza sulla parete dietro la sua
scrivania.
Mi faceva
superare anche l’istintiva diffidenza che provo quando qualcuno per venderti qualcosa - sia esso un tappeto o,
come in quel caso, prodotti finanziari -
trasforma tutti i tuoi molteplici dubbi in
poche e granitiche certezze, guarda caso sempre foriere di risvolti positivi (continua)
P.T.
domenica 18 gennaio 2015
“ARTICOLO 18 SÌ”, ANZI “NO”: IL MATTEO DOUBLE FACE
Uno specchietto per le allodole, un
totem ideologico, una cosa che “non interessa nessun imprenditore e
nessun precario”. L’articolo 18 è “un falso problema”, un modo per “non
parlare dei problemi reali” concentrandosi solo sulle “fisime
ideologiche”. Quanto era combattivo Matteo Renzi quando era lontano da
Palazzo Chigi e si candidava alle primarie del Pd. Oppure quando si
preparava alla rivincita mentre Bersani cercava di vincere le elezioni.
Risentire oggi, o rileggere, quelle parole è illuminante oltre che
agghiacciante (continua)
Salvatore Cannavò (Jack's Blog - Il Fatto Quotidiano - 27 settembre 2014)
Le quattro mosse per sanare il calcio dall'overdose mortale
Carlo
Tavecchio, neopresidente della Federcalcio, è stato ferocemente
osteggiato per essersi lasciato andare a una battuta infelice: aveva
definito un giocatore di colore «un mangiatore di banane» (Buon Dio, non
si può dire più nulla, il nostro vocabolario, come nel '1984' di
Orwell, sarà presto ridotto a una 'neolingua' fatta di eufemismi
ridicoli). Però le sue prime proposte di riforma, riduzione della rosa
delle squadre a 25 giocatori, almeno 8 devono provenire dal vivaio, non
più di due extracomunitari per squadra, sono coerenti e, sia pur
puntando su diversi obbiettivi, vanno tutte nella stessa direzione (continua)
Massimo Fini (Il Gazzettino, 19 settembre 2014)
Caro Capanna, ti autoassolvi con troppa disinvoltura
Ho letto la bella intervista di Emiliano Liuzzi a Mario Capanna.
Conosco Capanna dal 1968 e ho per lui stima e anche affetto. Perché è
stato una delle rarissime persone capace di entusiasmarmi, agli inizi
del movimento studentesco, non ancora MS. Capanna era personalmente
contrario alla violenza. Preferiva gli sberleffi ludici, come il lancio
delle uova alla Scala sulle 'sciure' invisonate. O come quando in Largo
Gemelli, con un megafono in mano, ordinò ai carabinieri della locale
stazione di arrendersi. Fummo subito caricati e ci rifugiammo in una
chiesa sconsacrata, lì vicino. Ma eravamo circondati, in trappola.
Capanna con altri afferrò una grande asse di legno che serviva per i
restauri e la usò come un maglio contro una porticina che dava sul
retro. Era una scena medioevale (continua)
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 5 settembre 2014)
Mappe - Il leader che spara sul quartier generale
Lo sguardo degli italiani sul futuro economico del Paese è scettico. Anzi: piuttosto pessimista. Eppure, la fiducia nel governo resiste. Tanto più nei confronti del premier. Di Renzi. Lo dimostrano i primi sondaggi realizzati dopo la pausa estiva. Non è un fatto nuovo. È avvenuto anche in passato. Quando al governo erano Berlusconi, in particolare, e, più di recente, Monti. È l’effetto di diversi fattori. Riflette, in particolare, la capacità del leader di trasmettere fiducia ai cittadini. E, reciprocamente, la ricerca, da parte dei cittadini, di qualcosa o qualcuno in cui credere, in tempi di crisi. Il problema, però, è che se la crisi dovesse acuirsi ancora e durare a lungo, com’è probabile, allora la sfiducia tenderebbe a trasferirsi, soprattutto, sul governo e, per primo, sul Capo. Ne è ben consapevole Renzi. Il quale, anche per questo, sta seguendo una strategia di comunicazione e di relazioni, in parte, diversa dalla fase precedente (continua)
Ilvo Diamanti (La Repubblica - 8 settembre 2014)
Crisi euro: il coniglio dal cilindro di Mario Draghi
Mario Draghi, il grande illusionista, ha tirato fuori un altro coniglio dal cappello, ma questa volta i mercati potrebbero rubarglielo per arrostirlo. Ed infatti i broker di mezzo mondo hanno già iniziato a diffondere la notizia del prossimo banchetto. Ma andiamo con ordine e spieghiamo bene cosa sta succedendo nella quasi moribonda economia europea.
Ormai è chiaro che Eurolandia è in deflazione,
su questo nessuno ha alcun dubbio anche se i falchi tedeschi continuano
a negare l’evidenza. Deflazione legata alla caduta della domanda,
basicamente non ci sono soldi e le aspettative della popolazione sono
negative, non c’è fiducia nei governi e nella finanza. Risultato i
prezzi iniziano a scendere perché nessuno compra e questo deprime
ulteriormente l’economia e gli umori. Scenario nero insomma (continua)
Loretta Napoleoni (Il Fatto Quotidiano - 7 settembre 2014)
Iscriviti a:
Post (Atom)