“Non siamo qui per battere cassa” ha detto l'ex ministro per il Mezzogiorno Calogero Mannino “ma per dare una risposta politica agli attacchi concentrici e ingiustificati verso il Mezzogiorno”. Ma quale è stata in questi anni la risposta politica? E stata il consolidamento elettorale dei partiti di governo, dei partiti clientelari dello sportello, che però oggi si trovano nell'amara condizione di promettere al Mezzogiorno soldi che nelle casse esauste dello stato non ci sono più. Gli imprenditori, a maggioranza, si sono adattati al nuovo modello di sviluppo. Pochi affrontano la morte o se ne vanno, i più pagano pizzi e tangenti di cui si rivalgono con lo sfruttamento del lavoro nero, la tolleranza delle autorità sugli inquinamenti, l'evasione fiscale o anche i regimi oligopolistici ottenuti grazie alla protezione mafiosa. Come se non bastasse la pressione malavitosa e clientelare ci si mette anche l'amministrazione farraginosa e vessatoria dello stato, per le operazioni più semplici della produzione richiede quattro o cinque scritture contabili. Mentire non serve, fingere che i due modelli di sviluppo siano simili è un inganno. Che lo dicano i mafiosi e i loro complici lo si può capire, ma che continui a dirlo anche una parte della borghesia meridionale, del movimento operaio meridionale è assurdo. Certo, la mafia in Sicilia e la camorra in Campania o la 'ndrangheta in Calabria sono anche delle economie di massa e azzerarle senza sostituzioni sarebbe un colpo durissimo, forse esplosivo, alla società meridionale. Ma è chiaro che continuando a proteggerle, a finanziarle si va alla bancarotta generale. Le uniche aziende mafiose che funzionino bene, al sud come al nord, sono quelle fuori dal conto economico, quelle comperate e gestite a prezzi e a costi più alti di quelli di mercato, ma l'Italia non è un circolo chiuso, sta nel mercato europeo e mondiale. Le proposte di cambiamento non mancano: c'è quella leghista del controllo degli investimenti del sud sottratti alla politica locale, affidati a organi al di fuori dei partiti. Così la proposta di investire nello sviluppo civile, nelle scuole, nell'urbanistica, nei servizi. Ci sono i schumpeteriani che contano “nella risposta creativa della storia economica”. A molti la spaccatura dell'Italia in due o in tre appare come una catastrofe, impensabile, suicida. Ma a lungo andare l'Italia che produce non potrà mantenere gli stipendi, le pensioni, i sussidi dell'Italia che consuma. A lungo andare le due politiche non ce la faranno a convivere. Tanto più se all'Europa delle nazioni si sostituirà quella delle regioni. Il razzismo del nord abitato da masse di meridionali completamente integrati è per ora marginale, folcloristico. Ma potrebbe crescere una voglia secessionistica se la seconda Italia continuasse a crescere nel peggio e a minacciare l'intero paese. Bisogna che gli italiani dell'Italia ricca diano ogni appoggio ai fratelli meridionali che hanno iniziato la loro resistenza civile. Ne abbiamo parlato poco in un resoconto di viaggio volutamente di denuncia, ma gli siamo vicini. Che Dio protegga questo sgangherato, ma amato paese.
(Chiusura del libro "L'Inferno" di Giorgio Bocca - Arnoldo Mondadori Editore - Edito nel 1992)
1 commento:
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