"Dove stanno le stanze dei bottoni oggi? Soprattutto queste stanze dei bottoni sono ormai del tutto sottratte a procedure di carattere politico. Chi comanda in quelle stanze dei bottoni, ammesso anche che riusciamo ad individuare dove stanno le stanze dei bottoni, è un sistema planetario, assolutamente deterritorializzato e quindi sottratto ad ogni forma di sovranità nazionale. Gli agenti sono decisi sulla base di tutto fuorché di procedure di carattere politico. D’altra parte i problemi che abbiamo evocato sono problemi che vanno decisi, che sono decisi a livello globale. Certamente per un lungo periodo saremo ancora in presenza di Stati nazionali. Il processo di riduzione della loro sovranità sarà molto lento e, secondo me, non è un male che sia lento, perché dovremmo anche affrontare il problema del nostro adattamento a queste epocali trasformazioni. Il nostro adattamento anche mentale, psicologico. Noi stiamo vivendo, da una generazione a questa parte, in una situazione di terremoto permanente. Quindi che gli Stati nazionali, in qualche modo, resistano, anche antropologicamente e psicologicamente, al carattere esplosivo del processo di globalizzazione, economico, mercantile e finanziario, non è tutto negativo. Però è una resistenza. Dobbiamo essere consapevoli che è una resistenza: il vecchio Stato nazionale è finito. Manda ancora luce, come le stelle, morte da chissà quanto tempo, illuminano ancora, ci servono ancora di notte, ma loro probabilmente non esistono più. Quindi bisogna rendersi conto che dobbiamo immaginare, cominciare a immaginare ordini, norme, del tutto metastatuali, metanazionali. Alcuni organismi esistono, ma sono organismi sottratti ad ogni legittimazione democratica. È possibile la loro democratizzazione? Il problema non riguarda soltanto le Nazioni Unite, ma riguarda tutti gli Organismi internazionali, quelli commerciali e così via. Riguarda la Comunità Europea, che potrebbe essere il grande esempio di un organismo sovrastatale, sovranazionale dotato di effettiva sovranità e anche di una certa legittimazione democratica. Ma ha una strada lunga ancora da percorrere: al momento è un coacervo un po’ anarchico di diverse tendenze. Alla fine di questo processo cosa ci sarà? Lo Stato mondiale? Questa è un’idea che circola da due secoli a questa parte nella testa di noi europei, l’idea dello Stato mondiale. Al momento, se mai ci si arriverà, ci si arriverà probabilmente attraverso una forma di egemonia imperiale, ancora dettata sostanzialmente da Stati nazionali, ma di dimensioni imperiali. Quello che è certo è che occorre ricostruire un diritto internazionale. Il vecchio diritto internazionale, che era sostanzialmente il prodotto di patti, di accordi, tra Stati nazionali in quanto tali, non può più funzionare oggi. Questi Stati nazionali sono in crisi, quindi il diritto internazionale non può più essere il prodotto dell’autonomia, della sovranità intoccabile dei diversi Stati. Bisogna trovare una sede nella quale i diversi Stati consapevolmente arretrino nelle loro pretese di sovranità, gestendo e governando comunque la transizione che prima ricordavo e definiscano nuove norme, nuove regole internazionali. Questo è soprattutto decisivo in campo finanziario, industriale ed economico. Perché altrimenti la cosiddetta new economy, la globalizzazione, sarà il Far West. E al momento non è stato fatto, ritengo, neppure il primo passo in questa direzione. Abbiamo ancora uno spettro di diritto internazionale che era il prodotto dei vecchi Stati e che quindi non ledeva in alcun modo la loro sovranità. Oggi abbiamo un grande problema di un diritto internazionale che incida effettivamente sulla sovranità di diversi stati. In particolare in materia economica, in materia di scambi commerciali, in materia finanziaria. Su questo con difficoltà già si procede. C’è anche il grande esempio delle produzioni ecocompatibili. Ma io credo che in quella direzione faticosamente si procederà. Dove sarà la grande difficoltà, la grande resistenza? In materia di scambi commerciali, tecnologici, di rapporti industriali, finanziari, controllo finanziario. Lì sarà la grande querelle”.
da: INTERVISTA A MASSIMO CACCIARI - LA POLITICA. TORNIAMO A DISCUTERNE?
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