Le
accanite diatribe di questi giorni sull’abolizione dell’art.18 inducono
nell’osservatore spassionato due ordini di considerazioni
apparentemente conflittuali. Da una parte, non c’è dubbio che stiamo
assistendo al paradosso di un governo “di sinistra” impegnato a
perseguire, nella regolamentazione del lavoro, il progetto liberista
tipico del più classico capitalismo. La cosiddetta “flessibilità” – nome
nobile per definire la precarietà - è, infatti, in buona sostanza, la
rinunzia a garantire la certezza del posto di lavoro e la consegna senza
riserve del destino del lavoratore nelle mani dell’imprenditore (continua)
Giuseppe Savagnone (tuttavia.eu/leggi-i-chiaroscuri)
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