martedì 5 giugno 2012

La lotta a Cosa nostra? Una questione di metodo


Una delle offese più sanguinose che si possono infliggere alla memoria di Giovanni Falcone è quella di immaginare, dopo la sua morte, che cosa avrebbe fatto o detto. Eppure questo estremo oltraggio è stato per vent’anni lo sport preferito di molti politici e commentatori, che hanno tentato di usare la sua salma come arma contundente per colpire i magistrati antimafia vivi. “Falcone non avrebbe fatto il processo Andreotti, indagato su Dell’Utri, né sulle trattative Stato-mafia”. Nessuno può sapere quel che avrebbe fatto Falcone, dinanzi ai nuovi sconvolgenti scenari che si sono aperti dopo la strage di Capaci, quando finalmente centinaia di collaboratori di giustizia si decisero a oltrepassare la soglia che, lui vivo, nessuno aveva mai osato valicare: quella dei rapporti fra mafia e classi dirigenti. Sappiamo però come operava Falcone: basta leggere gli atti delle sue indagini e dei suoi processi, per farsene un’idea (continua)

Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano - 20 maggio 2012)


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