Signor Presidente, scrivo questa lettera a Lei soprattutto nella Sua qualità di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. E’ una lettera che non avrei mai voluto scrivere. E’ uno scritto che evidenzia quanto sia grave e serio lo stato di salute della democrazia nella nostra amata Italia. E’ una lettera con la quale Le comunico, formalmente, le mie dimissioni dall’Ordine Giudiziario. Lei non può nemmeno lontanamente immaginare quanto dolorosa sia per me tale decisione. Sebbene l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro – come recita l’art. 1 della Costituzione – non sono molti quelli che possono fare il lavoro che hanno sognato; tanti il lavoro non lo hanno, molti sono precari, altri hanno dovuto piegare la schiena al potente di turno per ottenere un posto per vivere, altri vengono licenziati come scarti sociali, tanti altri ancora sono cassintegrati. Ebbene, io ho avuto la fortuna di fare il magistrato, il mestiere che avevo sognato fin dal momento in cui mi iscrissi alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Federico II” di Napoli, luogo storico della cultura giuridica. La magistratura ce l’ho nel mio sangue, provengo da quattro generazioni di magistrati (continua)
Luigi de Magistris Roma, 28 settembre 2009 - Il Fatto Quotidiano
Nessun commento:
Posta un commento