“La sfida del nostro tempo è di costruire una struttura internazionale stabile e giusta. Questo compito ha due dimensioni principali. C’è l’imperativo della pace: i problemi più tradizionali di costruire la sicurezza, risolvere i conflitti, alleggerire le tensioni. Questi problemi dominano l’agenda delle relazioni tra Est e Ovest. Non meno urgente è però l’imperativo della giustizia: le pressanti esigenze del progresso economico e sociale in tutto il globo. Questi sono ora i problemi principali nelle relazioni tra Nord e Sud. Anch’essi recano in sé il potenziale o di un conflitto o dell’ordine. Né l’obiettivo della pace né quello della giustizia sociale possono essere conseguiti nell’isolamento. Dobbiamo avere successo in entrambe le ricerche o non lo avremo in nessuna delle due. La giustizia sociale e il progresso economico sono gli argomenti che ci interessano in questa conferenza. Ci riuniamo qui per iniziare quel dialogo che è stato così spesso sollecitato ed è da tanto tempo atteso. La convocazione di questa Conferenza dovrebbe di per sé essere una ragione di speranza. Noi riteniamo infatti che essa rappresenti un impegno alla via della conciliazione. Dimostra il riconoscimento che consumatori e produttori, paesi industriali e paesi agricoli, progrediti e in via di sviluppo, ricchi e poveri, debbono assieme affrontare le sfide dell’economia globale. Gli Stati Uniti si adopereranno con dedizione ed energia per un esito positivo. Lo faremo nel nostro stesso interesse e nell’interesse di una comunità di nazioni giusta e prospera. Faremo tutto quanto ci sarà possibile per contribuire a mobilitare le risorse del mondo e i talenti degli uomini di ogni paese al servizio del progresso economico e del benessere comune. Negli ultimi due anni abbiamo tutti imparato che nessuna nazione o gruppo di nazioni può risolvere i propri problemi economici nell’isolamento. In un mondo che va diventando sempre più interdipendente, abbiamo constatato che l’inflazione e la recessione toccano tutti noi. Abbiamo visto che nessun paese può conseguire il progresso esportando le proprie difficoltà economiche o estorcendo ad altri un prezzo economico esorbitante. Ma la nostra più profonda sfida è di carattere politico. La congiuntura economica aggrava i problemi dell’azione governativa in tutti i nostri paesi, rendendo cupe le prospettive della pace sociale e delle istituzioni democratiche. Abbiamo visto che i problemi economici nazionali diventano così internazionali disseminando conflitti di interesse e pressioni protezionistiche che sottopongono a duro logorio il tessuto della collaborazione anche tra paesi tradizionalmente amici. Siamo tutti giunti a renderci conto che, se rimarranno insolute, le contrastanti richieste e pretese dei paesi progrediti e in via di sviluppo, consumatori e produttori, frustreranno qualsiasi sforzo per costruire una struttura internazionale stabile e progressista. Il nostro futuro oggi non dipende da cieche forze economiche ma dalle scelte effettuate dagli uomini politici. Le nazioni del mondo possono accapigliarsi in contese nazionali o ideologiche, oppure possono riconoscere la loro interdipendenza ed agire in base a un senso di comunità. Gli Stati Uniti hanno scelto la via della cooperazione.”
Tratto da: “IL PIANO KISSINGER” (dai discorsi del segretario di stato del governo Usa, Henry Kissinger: Chicago 1974 – Paris 1975)
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