mercoledì 31 ottobre 2007
martedì 30 ottobre 2007
Scritti sempreverdi
quel peccator, forbendola a'capelli
del capo ch'elli avea di retro guasto.
Poi cominciò: "Tu vuo' ch'io rinovelli
disperato dolor che 'l cor mi preme
già pur pensando, pria ch'io ne favelli.
Ma se le mie parole esser dien seme
che frutti infamia al traditor ch'i' rodo,
parlar e lagrimar vedrai insieme.
Io non so chi tu se' né per che modo
venuto se' qua giù; ma fiorentino
mi sembri veramente quand'io t'odo.
Tu dei saper ch'i' fui conte Ugolino,
e questi è l'arcivescovo Ruggieri:
or ti dirò perché i son tal vicino.
Che per l'effetto de' suo' mai pensieri,
fidandomi di lui, io fossi preso
e poscia morto, dir non è mestieri;
però quel che non puoi avere inteso,
cioè come la morte mia fu cruda,
udirai, e saprai s'e' m'ha offeso.
Breve pertugio dentro da la Muda
la qual per me ha 'l titol de la fame,
e che conviene ancor ch'altrui si chiuda,
m'avea mostrato per lo suo forame
più lune già, quand'io feci 'l mal sonno
che del futuro mi squarciò 'l velame.
Questi pareva a me maestro e donno,
cacciando il lupo e ' lupicini al monte
per che i Pisan veder Lucca non ponno.
Con cagne magre, studiose e conte
Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi
s'avea messi dinanzi da la fronte.
In picciol corso mi parieno stanchi
lo padre e ' figli, e con l'agute scane
mi parea lor veder fender li fianchi.
Quando fui desto innanzi la dimane,
pianger senti' fra 'l sonno i miei figliuoli
ch'eran con meco, e dimandar del pane.
Ben se' crudel, se tu già non ti duoli
pensando ciò che 'l mio cor s'annunziava;
e se non piangi, di che pianger suoli?
Già eran desti, e l'ora s'appressava
che 'l cibo ne solea essere addotto,
e per suo sogno ciascun dubitava;
e io senti' chiavar l'uscio di sotto
a l'orribile torre; ond'io guardai
nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto.
Io non piangea, sì dentro impetrai:
piangevan elli; e Anselmuccio mio
disse: "Tu guardi sì, padre! che hai?".
Perciò non lacrimai né rispuos'io
tutto quel giorno né la notte appresso,
infin che l'altro sol nel mondo uscìo.
Come un poco di raggio si fu messo
nel doloroso carcere, e io scorsi
per quattro visi il mio aspetto stesso,
ambo le man per lo dolor mi morsi;
ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia
di manicar, di subito levorsi
e disser: "Padre, assai ci fia men doglia
se tu mangi di noi: tu ne vestisti
queste misere carni, e tu le spoglia".
Queta'mi allor per non farli più tristi;
lo dì e l'altro stemmo tutti muti;
ahi dura terra, perché non t'apristi?
Poscia che fummo al quarto dì venuti,
Gaddo mi si gittò disteso a' piedi,
dicendo: "Padre mio, ché non mi aiuti?".
Quivi morì; e come tu mi vedi,
vid'io cascar li tre ad uno ad uno
tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond'io mi diedi,
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno".
Quand'ebbe detto ciò, con li occhi torti
riprese 'l teschio misero co'denti,
che furo a l'osso, come d'un can, forti.
Dante Alighieri: Divina Commedia (Inferno: Canto XXXIII)
lunedì 22 ottobre 2007
Dal Blog di Beppe Grillo di oggi.
Il fratello di Borsellino mi ha scritto una lettera da far gelare il sangue.
"La notizia dell'avocazione da parte della Procura Generale dell'inchiesta Why Not al Procuratore De Magistris e' di quelle che lascia senza fiato.
Solo un'altra volta nella mia vita mi ero trovato in questo stato d'animo.
Era il 19 Luglio del 1992 e avevo appena sentito al telegiornale la notizia dell'attentato il cui scopo non era altri che quello di impedire ad un Giudice che, nelle sue indagini, era arrivato troppo vicino all'origine del cancro che corrode la vita dello Stato Italiano, di procedere sulla sua strrada.
Morto Paolo Borsellino l'ignobile patto avviato tra lo Stato Italiano e la criminalita' mafiosa aveva potuto seguire il suo corso ed oggi vediamo le conseguenze del degrado morale a cui questo scellerato patto ha portato.
Ieri era stato necessario uccidere uno dopo l'altro due giudici che, da soli, combattevano una lotta che lo Stato Italiano non solo si e' sempre rifiutato di combattere ma che ha spesso combattuto dalla parte di quello che avrebbe dovuto essere il nemico da estirpare e spesso ne ha armato direttamente la mano. Oggi non serve piu' neanche il tritolo, oggi basta, alla luce del sole, avocare un'indagine nella quale uno dei pochi giudici coraggiosi rimasti stava per arrivare al livello degli "intoccabili", perche' tutto continui a procedere come stabilito. Perche' questa casta ormai completamente avulsa dal paese reale e dalla gente onesta che ancora esiste, anche se purtroppo colpevole di un silenzio che ormai si confonde con l'indifferenza se non con la connivenza, possa continuare a governare indegnamente il nostro paese e a coltivare i propri esclusivi interessi in uno Stato che considera ormai di propria esclusiva proprietà.
Oggi basta che un ministro indegno come il signor Mastella ricatti un imbelle capo del governo, forse coinvolto negli stessi suoi luridi traffici, minacciando una crisi di governo, perche' tutta una classe politica faccia quadrato intono al suo degno rappresentante e si esercitino in conseguenza chissa' quale tipo di pressioni sui vertici molli della magistratura per ottenere l'avocazione di un'indagine e quindi l'inoffensivita' di un giudice sensa neanche bisogno del tritolo come era stato necessario per Paolo Borsellino.
Siamo giunti alla fine della Repubblica Italiana e dello Stato di Diritto.
In un paese civile il ministro Mastella non avrebbe potuto chiedere il trasferimento del Dr. De Magistris titolare dell'inchiesta in cui e' indagato il suo stesso capo di governo e lo stesso ministro.
Se la decisione del Procuratore Generale non verrà immediatamente annullata dal CSM, saremo di fronte alla fine dell'indipendenza della magistratura e in conseguenza dello stesso Stato di Diritto.
Il Presidente Giorgio Napolitano, nonostante sia stato più volte sollecitato, continua a tacere su queste nefandezze dimostrando che la retorica dello Stato e della figura istituzionale di garante della Costituzione Repubblicana non sono diventate, in questa disgraziata Italia, altro che vuote parole.
Quaranta anni fa sono andato via dalla Sicilia perche' ritenevo impossibile di vivere la mia vita in un paese in cui la legalita' era solo una parola del vocabolario, ora non ritengo piu' che sia una vita degna di chiamarsi con questo nome e quindi una vita degna di esserre vissuta quella di vivere in un paese dove l'illegalita' e' diventata la legge dello Stato." Salvatore Borsellino"
venerdì 19 ottobre 2007
Attenti al lupo.
Scarpinata Assunta Serena, coniugata con Max Cavolata, tranquilla impiegata nell’industria “Blasonata Storica”, un giorno udì finalmente pronunciare da qualcuno la fatidica frase: “occhio, sono arrivati gli Ispettori”.“Era ora”, pensò però in cuor suo Assunta, continuando nel monotono tran tran quotidiano; lo stesso dissero molti colleghi del settore assemblaggio e, in un afflato all’unisono, tutto lo stabilimento si riconobbe nella pittoresca esternazione d’Innocenza Imprudente che disse: “così finalmente i capi la finiscono di rompere i coglioni con richieste d’approfondimenti, chiarimenti e precisazioni che dovrebbero far parte della loro professionalità collegata all’operatività ordinaria e che, invece - esclusivamente per loro vantaggi - riemergono come per incanto e con frenesia solo in prossimità e nel corso delle preannunciate visite” (continua)
mercoledì 10 ottobre 2007
Scritti sempreverdi
"Abbia pazienza, Chevalley, adesso mi spiegherò; noi siciliani siamo stati avvezzi da una lunga, lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i capelli in quattro. Se non si faceva cosí non si scampava dagli esattori bizantini, dagli emiri berberi, dai viceré spagnoli. Adesso la piega è presa, siamo fatti cosí. Avevo detto adesione, non avevo detto partecipazione. In questi sei ultimi mesi, da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere ad un membro della vecchia classe dirigente di sviluppare e portare a compimento; adesso non voglio discutere se ciò che si è fatto è stato male o bene, per conto mio credo che molto sia stato male, ma voglio dirle subito ciò che lei capirà da solo quando sarà stato un anno fra noi. In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di fare. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui noi abbiamo dato il la; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei Chevalley, e quanto la regina d'Inghilterra; eppure da duemilacinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è colpa nostra. Ma siamo stanchi e svuotati lo stesso."
IL GATTOPARDO (
sabato 6 ottobre 2007
Scritti sempreverdi
«Savè, quello che tu non ti vuoi mettere nelle cervella, è che oggi essere comunista non basta» dice Salvatore. «Non significa proprio niente!»
«Ma come? Ma se tu sei sempre stato comunista!»
«E oggi non lo sono più. Mi sono spostato a sinistra.»
«Più a sinistra dei comunisti?»
«Sissignore. Mio cugino Tonino che è metalmeccanico e lavora a Sesto San Giovanni, queste cose le sa. L’ultima volta che l’ho visto mi ha spiegato per filo e per segno che adesso i veri comunisti sono solo gli extraparlamentari.»
«Quelli a Sesto San Giovanni queste cose le sanno subito, noi invece a Napoli sappiamo sempre tutto in ritardo.»
«Insomma, Savè, fatti conto che l’attuale partito comuni sta italiano praticamente sarebbe il partito socialista di prima mentre l’attuale partito socialista non è altro che l’ex partito della democrazia cristiana.»
«Tu che dici? E l’attuale democrazia cristiana che è?»
«Diciamo che è come se fosse il partito monarchico di subito dopo la guerra.»
«Gesù Gesù! E quando è successo tutto questo casino?»
«In altre parole è successo che in Italia, mentre l’elettorato si spostava a sinistra, gli eletti si spostavano a destra. Così che alla fine tutto è rimasto tale e quale a prima.»
«E questo te l’ha detto sempre tuo cugino Tonino?»
«Sì, ma pure il professore è d’accordo. Non ti ricordi che l’altro giorno ci disse che il vero pericolo che stavamo correndo era quello della borghesia che si era messa a votare per i comunisti?»
«Salvatò, io ti volevo sempre chiedere una cosa: ma chi è questa borghesia di cui si sente sempre parlare? Ogni tanto io sento dire “il proletariato deve difendersi dalla borghesia!”, “viva i lavoratori abbasso i borghesi!”; Salvatò per favore, tu mò mi devi dire chi sono questi borghesi. Quelli che non lavorano? Io per esempio che non tengo un lavoro, che sono? Lavoratore o borghese?»
«Vedi Savè il borghese è in parole povere il benpensante, quello che è contento del sistema e pensa solo a difendersi quei quattro soldi che si è messo da parte. Anche il borghese lavora, però nonostante questo è la parte peggiore della società, perché non fa nessuno sforzo per cambiare le cose. Il borghese è quello che, quando c’è uno sciopero, vuole andare a lavorare lo stesso; è quello che, quando ci fu il referendum, non voleva il divorzio perché era una novità, hai capito Savè?»
«Sissignore ed il professore che ha detto? Che la borghesia si è messa a votare per il partito comunista? Non può essere che quello il professore voleva scherzare?»
«No, non voleva scherzare, e anzi qualcosa di vero nel suo ragionamento ci sta. Insomma il professore è come se dicesse: che cosa può volere un borghese? L’ordine e la disciplina? Ora siccome in tutti i paesi comunisti pare che quest’ordine e questa disciplina ci stanno, il comunismo al borghese può pure piacere. Ma qualcun altro dice: sì d’accordo ci sarà l’ordine, però quando verrà il comunismo non potrai più avere una tua idea politica. E che me ne fotte a me di avere una idea politica, ti risponde il borghese che pensa solo ai fatti suoi. Ma ti toglieranno le proprietà! A me? A me dice il borghese non mi possono togliere proprio niente. Le proprietà le toglieranno a Lauro, ad Agnelli, no a me che tengo solamente nu quartino. E così piano piano finisce che pure i borghesi votano per i comunisti, con la piccola differenza però che il comunismo che piace a loro non è quello che piace a noi.»
«E allora ci vorrebbero due partiti comunisti diversi.»
«Bravo Saverio. Lo vedi che sei arrivato a quello che ti stavo dicendo io. Due partiti comunisti diversi: uno per i borghesi ed uno per i veri comunisti come a me e a te.»
«E come si dovrebbe chiamare questo secondo partito comunista?»
«Lotta continua. Ed io mi ci sono già iscritto. E ora voglio che ti vieni a iscrivere pure tu.»
«A Lotta continua?»
«Proprio così.»
«Salvatò ma dimmi una cosa, ma poi deve essere per forza "continua" questa lotta?»
COSI' PARLO' BELLAVISTA (Luciano De Crescenzo) Ed. ottobre 1976
martedì 2 ottobre 2007
Scritti sempreverdi
con le regine i suoi fanti i suoi re
ridi buffone per scaramanzia
così la morte va via
musica gente cantate che poi
uno alla volta si scende anche noi
sotto a chi tocca in doppiopetto blu
una mattina sei sceso anche tu
bella la vita che se ne va
un fiore un cielo la tua ricca povertà
il pane caldo
la tua poesia
tu che stringevi la tua mano nella mia
bella la vita dicevi tu
è un po' mignotta e va con tutti si però
però però
proprio sul meglio ti ha detto no.
E il carrozzone riprende la via
facce truccate di malinconia
tempo per piangere no non ce n'è
tutto continua anche senza di te
bella la vita che se ne va
vecchi cortili dove il tempo non ha età
i nostri sogni la fantasia
ridevi forte e la paura era allegria
bella la vita dicevi tu
e t'ha imbrogliato e t'ha fottuto proprio tu
con le regine con i suoi re
il carrozzone va avanti da sé"
Il Carrozzone (Renato Zero)