Eletto a furor di popolo Presidente di tutto (della Repubblica, del Senato, della Camera, del Consiglio) il Cavaliere riunì i suoi ministri e disse: «Da tempo avevo preparato la riforma della Costituzione. Prendete appunti. Il testo l’ho già inviato alla Gazzetta Ufficiale». Diligentemente, i ministri si munirono di carta e penna.
«Articolo 1», dettò il Presidente, «Iliata è una Repubblica fondata sui lavori del Cavaliere». I ministri annuirono.
«Articolo 2», proseguì il Presidente. «Il colore rosso, simbolo dell’odiato comunismo, è dichiarato anticostituzionale e pertanto viene abolito». «Come la mettiamo con le Ferrari?», domandò il ministro dell’Industria. «Non c’è problema. Diventano azzurre», ribattè il Cavaliere. «E con il Tricolore?», domandò a sua volta il ministro della Difesa. «Rimane tricolore, ma al rosso si sostituisce l’azzurro», fece seccamente il Cavaliere. E via di questo passo. Furono stabilite multe salatissime per chi, coinvolto in un qualsiasi incidente, mostrava pubblicamente il rosso del suo sangue, con i diserbanti si fecero sparire rose e fiori rossi, la carne rossa non venne più messa in vendita mentre il pesce azzurro fu portato alle stelle, l’unico vino in commercio rimase quello bianco. Sommersi da tutto quell’azzurro, gli Iliatani cominciarono ben presto a soffrire di nostalgia del rosso, una nostalgia che diventava di giorno in giorno sempre più acuta. Si ebbero i primi attentati rivendicati dai Grar (Gruppi rivoluzionari adoratori rosso). I contrabbandieri facevano affari d’oro non con le sigarette o i clandestini, ma con le scatole di sugo di pomodoro, assolutamente proibite in Iliata. Finché un mattino, dopo un violentissimo acquazzone, apparve in cielo un gigantesco arcobaleno che coprì l’intero paese. Il rosso di quell’arcobaleno non era solamente un colore, ma un altissimo grido di rivolta, deciso e terso.
Quell’arcobaleno segnò, sempre a furor di popolo, la fine del Cavaliere.
Andrea Camilleri
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