martedì 22 settembre 2009

CLASSI DIRIGENTI E CRIMINALITÀ: L'ANOMALIA ITALIANA


Qualcuno a questo punto potrebbe chiedersi: non si corre il rischio di una lettura forzata della società italiana coniugan­do politica, economia e criminalità come fossero un unicum inscindibile?

Capisco l'obiezione. Questo è un punto cruciale. Come cercherò di spiegare - prima in generale in questa parte e poi con esemplificazioni concrete nelle parti dedicate ai temi specifici della corruzione, delle stragi e della mafia -la mia ipotesi è che la criminalità del potere in Italia non sia la mera sommatoria aritmetica di migliaia di condotte criminali di singoli potenti: un archivio di cadute indivi­duali. E piuttosto il ritratto di Dorian Gray di una com­ponente significativa della nostra classe dirigente. La carti­na di tornasole della sua segreta identità e, quindi, del reale modo di essere della democrazia e dello Stato. Dietro il salotto buono dove vengono messi in bella mostra il decoro e le glorie di famiglia, la casa comune nasconde anche la stanza di Barbablù, piena di scheletri e imbratta­ta di sangue.

Per questo motivo, come ho già accennato, la storia della mafia - così come quella della corruzione e delle stra­gi - è una parte della storia del potere reale nel nostro Paese.

Si può dire che la vera storia della mafia è ancora da scoprire?

In parte sì. Mi rendo conto che il lettore medio, abituato a credere che la mafia sia una storia di bassa macelleria cri­minale di cui sono protagonisti ex contadini e vaccari se­mianalfabeti con la complicità di qualche pecora nera appartenente al mondo dei colletti bianchi, resterà un po' spaesato. Anch'io per anni ho subito un senso di grave spaesamento (continua)

Saverio Lodato - Roberto Scarpinato ("Il ritorno del principe" - 2008 - Chiarelettere)



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