venerdì 21 agosto 2009

«Quando capii che la famiglia Berlusconi aveva bisogno del direttore di un quotidiano di partito, non potei più rimanere»

Un ritorno a casa che ha dell’incredibile, se si pensa ai motivi che lo spinsero all’abbandono del 1998 («Quando capii che la famiglia Berlusconi aveva bisogno del direttore di un quotidiano di partito, non potei più rimanere. Non è un mestiere che so fare»), ma che non sorprende se si guardano le cifre dell’operazione e la necessità che ha la squadra di un fuoriclasse del suo calibro. Non è di calciomercato estivo che parliamo, ma poco ci manca. Il clamoroso ingaggio di Vittorio Feltri nuovamente alla direzione de Il Giornale di Paolo Berlusconi ha il fragore di un faraonico acquisto da Real Madrid, più che di un’operazione da mercato editoriale. L’ormai ex direttore di Libero ha ricevuto, infatti, un’irrinunciabile offerta di 12 milioni di euro per rescindere il contratto con la famiglia Angelucci (editori di Libero) e di 3 milioni di euro l’anno come stipendio che lo proiettano al primo posto tra i direttori italiani (nel 2007 il record-man era Paolo Mieli con 1,5 milioni) e presumibilmente d’Europa (Le Monde, 150mila; Libération, 100mila; Nouvel Observateur, meno di 100mila; tutti i giornali britannici, meno di 250mila). Le capacità editoriali di Feltri, aldilà del giudizio personale dei suoi contenuti, sono note da oltre 15 anni e la sua stella nel firmamento dell’intellighenzia della destra italiana brilla di continuo («Di Feltri si può dire tutto, ma il prodotto lo sa vendere come pochi» M. Travaglio). Il crollo delle vendite de Il Giornale, pur in un periodo di fisiologico calo per i quotidiani (continua)

Gianvito Rutigliano (Diritto di critica – 6 agosto 2009)


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