martedì 21 luglio 2009

Camerati


Giuseppe Bottai, di persona, non l'ho mai conosciuto. Ma l'ho sempre stimato.
Era, tra i gerarchi fascisti, certamente il più aperto, molto colto e capace di autocritica: Il destino di un uomo, ha scritto, è la sua coscienza. Ed è stato il solo che ha pagato gli errori, andando ad arruolarsi, soldato semplice, nella Legione straniera. Ho anche, nei suoi confronti, un dovere di gratitudine. Quando avevo vent'anni pubblicò due o tre miei brevi racconti su Primato, la sua rivista, alla quale collaboravano le grandi firme della letteratura e del giornalismo e qualche giovane speranza. Non l'ho mai dimenticato, come sempre ricordo (continua)


Enzo Biagi ("I" come italiani)

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