martedì 30 giugno 2009

Il sosia


Fu il terzo giorno dalla scoperta della Stanza che me lo vidi apparire all'improvviso, come se fosse un fantasma. Mi somigliava in modo impressionante: aveva un po' di pancetta, gli occhi azzurri e i capelli grigi. Avesse avuto anche la barba avrei detto che ero io allo specchio. Tra l'altro era vestito come me: aveva i jeans celesti e la sahariana bianca a maniche corte, quella che mi aveva regalato il mio amico Federico quando era tornato dalla Malesia. All'inizio mi spaventai. Poi, siccome mi venne incontro con un bel sorriso, capii di avere a che fare con una persona gentile e lo stetti a sentire. Provo a raccontare l'incontro e, volutamente, da questo momento in poi, almeno nei dialoghi, userò sempre il presente. "Ciao" mi dice e si siede su una delle seggioline. "Come hai fatto a entrare?" chiedo io. "Non sono entrato, sono apparso". "Che vuol dire 'sono apparso'?" "Che mi sono materializzato." "Ancora non capisco. Vorrei sapere, però, chi sei e che vuoi da me." "Io sono te". "In che senso?" "Nel senso che ti sono uguale in tutto e per tutto, a eccezione della barba ovviamente. Ti dirò, anzi, che il giorno in cui decidesti di fartela crescere anch'io ci feci sopra un pensierino. Poi ebbi paura che m'invecchiasse e ci rinunziai. Tra l'altro vorrei convincerti a tagliartela. Staresti meglio senza". "E secondo te perché me la sono fatta crescere?" "Boh? Vallo a capire. Forse per sembrare più intellettuale. Forse per piacere alla critica..." "Ho capito: mi somigli, ma non mi conosci (continua)


Luciano De Crescenzo (Tale e quale)

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