domenica 13 gennaio 2008

Scritti sempreverdi

“La sfida del nostro tempo è di costruire una struttura internazionale stabi­le e giusta. Questo compito ha due dimensioni principali. C’è l’imperativo della pace: i problemi più tradizionali di costruire la sicurezza, risolvere i conflitti, alleggerire le tensioni. Questi problemi dominano l’agenda delle relazioni tra Est e Ovest. Non meno urgente è però l’imperativo della giusti­zia: le pressanti esigenze del progresso economico e sociale in tutto il glo­bo. Questi sono ora i problemi principali nelle relazioni tra Nord e Sud. Anch’essi recano in sé il potenziale o di un conflitto o dell’ordine. Né l’o­biettivo della pace né quello della giustizia sociale possono essere consegui­ti nell’isolamento. Dobbiamo avere successo in entrambe le ricerche o non lo avremo in nessuna delle due. La giustizia sociale e il progresso economico sono gli argomenti che ci in­teressano in questa conferenza. Ci riuniamo qui per iniziare quel dialogo che è stato così spesso sollecitato ed è da tanto tempo atteso. La convocazione di questa Conferenza dovrebbe di per sé essere una ragione di speranza. Noi rite­niamo infatti che essa rappresenti un impegno alla via della conciliazione. Dimostra il riconoscimento che consumatori e produttori, paesi industriali e paesi agricoli, progrediti e in via di sviluppo, ricchi e poveri, debbono as­sieme affrontare le sfide dell’economia globale. Gli Stati Uniti si adopereranno con dedizione ed energia per un esito posi­tivo. Lo faremo nel nostro stesso interesse e nell’interesse di una comunità di nazioni giusta e prospera. Faremo tutto quanto ci sarà possibile per con­tribuire a mobilitare le risorse del mondo e i talenti degli uomini di ogni paese al servizio del progresso economico e del benessere comune. Negli ultimi due anni abbiamo tutti imparato che nessuna nazione o gruppo di nazioni può risolvere i propri problemi economici nell’isolamento. In un mondo che va diventando sempre più interdipendente, abbiamo constatato che l’infla­zione e la recessione toccano tutti noi. Abbiamo visto che nessun paese può conseguire il progresso esportando le proprie difficoltà economiche o estor­cendo ad altri un prezzo economico esorbitante. Ma la nostra più profonda sfida è di carattere politico. La congiuntura eco­nomica aggrava i problemi dell’azione governativa in tutti i nostri paesi, rendendo cupe le prospettive della pace sociale e delle istituzioni demo­cratiche. Abbiamo visto che i problemi economici nazionali diventano così in­ternazionali disseminando conflitti di interesse e pressioni protezionistiche che sottopongono a duro logorio il tessuto della collaborazione anche tra paesi tradizionalmente amici. Siamo tutti giunti a renderci conto che, se ri­marranno insolute, le contrastanti richieste e pretese dei paesi progrediti e in via di sviluppo, consumatori e produttori, frustreranno qualsiasi sforzo per costruire una struttura internazionale stabile e progressista. Il nostro futuro oggi non dipende da cieche forze economiche ma dalle scelte effettuate dagli uomini politici. Le nazioni del mondo possono accapigliarsi in contese nazionali o ideologiche, oppure possono riconoscere la loro inter­dipendenza ed agire in base a un senso di comunità. Gli Stati Uniti hanno scelto la via della cooperazione.”
Tratto da: “IL PIANO KISSINGER” (dai discorsi del segretario di stato del governo Usa, Henry Kissinger: Chicago 1974 – Paris 1975)

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