domenica 30 settembre 2007

Pasquinate (Roma)

Massimo Cacciari: risposta a domanda di Raffaele Tucci

"Dove stanno le stanze dei bottoni oggi? Soprattutto queste stanze dei bottoni sono ormai del tutto sottratte a procedure di carattere politico. Chi comanda in quelle stanze dei bottoni, ammesso anche che riusciamo ad individuare dove stanno le stanze dei bottoni, è un sistema planetario, assolutamente deterritorializzato e quindi sottratto ad ogni forma di sovranità nazionale. Gli agenti sono decisi sulla base di tutto fuorché di procedure di carattere politico. D’altra parte i problemi che abbiamo evocato sono problemi che vanno decisi, che sono decisi a livello globale. Certamente per un lungo periodo saremo ancora in presenza di Stati nazionali. Il processo di riduzione della loro sovranità sarà molto lento e, secondo me, non è un male che sia lento, perché dovremmo anche affrontare il problema del nostro adattamento a queste epocali trasformazioni. Il nostro adattamento anche mentale, psicologico. Noi stiamo vivendo, da una generazione a questa parte, in una situazione di terremoto permanente. Quindi che gli Stati nazionali, in qualche modo, resistano, anche antropologicamente e psicologicamente, al carattere esplosivo del processo di globalizzazione, economico, mercantile e finanziario, non è tutto negativo. Però è una resistenza. Dobbiamo essere consapevoli che è una resistenza: il vecchio Stato nazionale è finito. Manda ancora luce, come le stelle, morte da chissà quanto tempo, illuminano ancora, ci servono ancora di notte, ma loro probabilmente non esistono più. Quindi bisogna rendersi conto che dobbiamo immaginare, cominciare a immaginare ordini, norme, del tutto metastatuali, metanazionali. Alcuni organismi esistono, ma sono organismi sottratti ad ogni legittimazione democratica. È possibile la loro democratizzazione? Il problema non riguarda soltanto le Nazioni Unite, ma riguarda tutti gli Organismi internazionali, quelli commerciali e così via. Riguarda la Comunità Europea, che potrebbe essere il grande esempio di un organismo sovrastatale, sovranazionale dotato di effettiva sovranità e anche di una certa legittimazione democratica. Ma ha una strada lunga ancora da percorrere: al momento è un coacervo un po’ anarchico di diverse tendenze. Alla fine di questo processo cosa ci sarà? Lo Stato mondiale? Questa è un’idea che circola da due secoli a questa parte nella testa di noi europei, l’idea dello Stato mondiale. Al momento, se mai ci si arriverà, ci si arriverà probabilmente attraverso una forma di egemonia imperiale, ancora dettata sostanzialmente da Stati nazionali, ma di dimensioni imperiali. Quello che è certo è che occorre ricostruire un diritto internazionale. Il vecchio diritto internazionale, che era sostanzialmente il prodotto di patti, di accordi, tra Stati nazionali in quanto tali, non può più funzionare oggi. Questi Stati nazionali sono in crisi, quindi il diritto internazionale non può più essere il prodotto dell’autonomia, della sovranità intoccabile dei diversi Stati. Bisogna trovare una sede nella quale i diversi Stati consapevolmente arretrino nelle loro pretese di sovranità, gestendo e governando comunque la transizione che prima ricordavo e definiscano nuove norme, nuove regole internazionali. Questo è soprattutto decisivo in campo finanziario, industriale ed economico. Perché altrimenti la cosiddetta new economy, la globalizzazione, sarà il Far West. E al momento non è stato fatto, ritengo, neppure il primo passo in questa direzione. Abbiamo ancora uno spettro di diritto internazionale che era il prodotto dei vecchi Stati e che quindi non ledeva in alcun modo la loro sovranità. Oggi abbiamo un grande problema di un diritto internazionale che incida effettivamente sulla sovranità di diversi stati. In particolare in materia economica, in materia di scambi commerciali, in materia finanziaria. Su questo con difficoltà già si procede. C’è anche il grande esempio delle produzioni ecocompatibili. Ma io credo che in quella direzione faticosamente si procederà. Dove sarà la grande difficoltà, la grande resistenza? In materia di scambi commerciali, tecnologici, di rapporti industriali, finanziari, controllo finanziario. Lì sarà la grande querelle”.

da: INTERVISTA A MASSIMO CACCIARI - LA POLITICA. TORNIAMO A DISCUTERNE?

giovedì 27 settembre 2007

Pasquinate (Roma)

Scritti sempreverdi

E anche i privilegi più insopportabili, quelli che fanno ribollire il sangue, non appartengono affatto al passato. Lo dimostra platealmente la presenza nel Parlamento italiano, nella legislatura iniziata nel 2006, di 6 siciliani che ogni mese portano a casa non solo lo stipendio da deputato ma anche, come ex consiglieri regionali, un sontuoso vitalizio dell’ARS, l’Assemblea Regionale Siciliana, dai 3 agli 8000 euro e mezzo. Sono il margheritino Franco Piro, i forzisti Giovanni Ricevuto e Giuseppe Firrarello, il nazional-alleato Nino Strano e i diessini Vladimiro Crisafulli e Angelo Capodicasa, che incassa anche lo stipendio di viceministro alle infrastrutture e passa quindi in carrozza i 25.000 euro al mese. Tutta colpa, dicono, di un buco nei regolamenti parlamentarti siciliani. Ma come,direte voi, vogliono farci credere di non essersene accorti? Esatto. Al punto che la loro reazione, alla domanda sul perché non avessero segnalato l’ingiustizia di questo privilegio, somiglia alla risposta che diede un architetto palermitano quando gli chiesero perché diavolo avesse costruito la grande piscina olimpionica, rimasta chiusa per anni, senza l’impianto di riscaldamento. Si battè una mano sulla fronte e disse: “Minchia: m’u scurdai!”

da: LA CASTA – Così i politici italiani sono diventati intoccabili (Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella) ed. 2007

mercoledì 26 settembre 2007

Avviso antinvadenza (Palermo)

Scritti sempreverdi

"II pensatore di punta del mondo occidentale è considerato oggi Karl Popper che ha scritto: «Affermo che noi viviamo in un mondo meraviglioso. Noialtri occidentali abbiamo l'insigne privilegio di vivere nella migliore società che la storia dell'umanità abbia mai conosciuto. E la società più giusta, più ugualitaria, più umana della storia».
Ma questo non è un filosofo liberale, è una domestica liberale. «Tutto va ben madama la marchesa».
Lo scontro del futuro non sarà quindi fra destra e sinistra, fra un liberalismo trionfante e un marxismo morente - questo lo sappiamo - ma non sarà nemmeno quello «scontro di civiltà» fra Occidente e Islam preconizzato dallo studioso americano Samuel Huntington.
Il terrorismo alla Bin Laden sarà, con tutta probabilità, una parentesi - magari una lunga parentesi - che aiuterà l'Occidente a rafforzare la propria egemonia, a completare il delirio dell'unico modello mondiale, assorbendo, integrando, innocuizzando, ghettizzando, distruggendo ogni altra cultura, Islam compreso.
Non ci saranno guerre di civiltà perché ne rimarrà una sola, la nostra. Ma è all'interno di questa che awerrà lo scontro vero, il più drammatico e violento: fra le élites dominanti fautrici della modernità e le folle deluse, frustrate ed esasperate, di ogni mondo, che non ci crederanno più, avendo compreso, alla fine, che lo spirito faustiano, lo spirito dell'Occidente, opera eternamente il Bene ma realizza eternamente il Male."
da: II vizio oscuro dell'Occidente - Manifesto dell'Antimodernità (Massimo Fini) ed. 2002

martedì 25 settembre 2007

Quando l'eccessiva disponibilità induce a locare (Palermo)

Scritti sempreverdi

Qual è la differenza tra uno scandalo e un pettegolezzo? Oh! Il pettegolezzo è gradevole! La storia è soltanto pettegolezzo. Ma lo scandalo è un pettegolezzo reso noioso dalla moralità. Un uomo che moralizza è di solito un ipocrita, e una donna che moralizza è invariabilmente scialba.
(Aforismi di Oscar Wilde)

lunedì 24 settembre 2007

Indici di gradimento su parcheggi riservati (Roma)

Scritti sempreverdi

E. «Volendo diventare primo ministro, il politico si rende conto che ha bisogno di un seguito, e che questo seguito lo può ottenere solo appropriandosi di un'Idea.»
D. «Tipo la Libertà, oppure il Progresso?»
E. «Proprio così: Libertà, Fraternità, Eguaglianza, funzionano sempre, l'una vale l'altra. Le Idee altro non sono che Grandi Pretesti da sbandierare al momento opportuno. Di solito, quelli che riscuotono più successo sono Dio, Nazione e Giustizia. Nascono così i movimenti religiosi, le spinte nazionalistiche e i partiti cosiddetti socialisti.»
D. «E il popolo non si accorge di essere truffato?»
E. «Prima o poi Dike piomberà addosso a coloro che foggiano e testimoniano menzogne.»
D. «Chi è Dike?»
E. «E' la Giustizia.»
D. «Beh, da noi, a parte qualche rara eccezione, Dike interviene con un certo ritardo. Nel frattempo, però, il Grande Pretesto ha avuto tutto il tempo per fare arricchire i suoi fedeli.»
E. «Sì, ma i Grandi Pretesti da soli non bastano a formare un partito di massa: è necessario anche un nemico. Il popolo più è ignorante e più ha bisogno di un nemico su cui indirizzare l'odio.»
da PANTA REI (Luciano De Crescenzo) ed. novembre 1994

sabato 22 settembre 2007

Ballatd of a Thin Man

Ballata di un uomo sottile.

Tu cammini nella stanza con la tua matita in mano, vedi qualcuno nudo e dici "Chi è quell'uomo?".
Provi in tutti i modi ma non capisci proprio quello che stai dicendo quando torni a casa,
perchè qui sta succedendo qualcosa, ma tu non sai cos'è, vero mister Jones?
Sollevi la testa e domandi "E' questo il posto?" E qualcuno ti indica e dice "E' suo!" E tu dici "Cosa è mio?" E qualcun altro dice "Dov'è cosa?" E tu dici "Oh mio Dio! Sono proprio solo qui!"
Ma qui sta succedendo qualcosa e tu non sai cos'è, vero mister Jones?
Porgi il tuo biglietto e vai a vedere il fenomeno da baraccone che subito viene verso di te quando ti sente parlare e dice "Come ci si sente ad essere un tale mostro?" E tu dici "Impossibile!" quando egli ti porge un osso
e qui sta succedendo qualcosa ma tu non sai cos'è, vero mister Jones?
Tu hai molti contatti tra i taglialegna, per ottenere i tuoi fatti quando qualcuno attacca la tua immaginazione ma nessuno ha alcun rispetto e comunque tutti si aspettano che tu dia un assegno deducibile dalle tasse ad organizzazioni di carità.
Sei stato con i professori e sei piaciuto a tutti; hai discusso con grandi uomini di legge, di lebbrosi ed imbroglioni. Hai letto tutti i libri di F.Scott Fitzgerald, sei un uomo molto istruito, è risaputo.
Ma qui sta succedendo qualcosa e tu non sai cos'è, vero mister Jones?
Bè, il mangiatore di spade viene da te e poi si inginocchia si fa il segno della croce, poi sbatte i suoi tacchi alti e senza avviso ti chiede come ti senti e dice "Eccoti la tua gola indietro grazie per il prestito!"
E tu sai che qui sta succedendo qualcosa ma non sai cos'è, vero mister Jones?
Ora tu vedi questo ometto orbo che grida la parola "ORA!"
E tu dici "Per quale motivo?" E lui dice "Come?" E tu dici "Cosa significa questo?" E lui ti urla dietro che sei una vacca "Dammi del latte oppure vai a casa!"
E tu sai che qui sta succedendo qualcosa ma non sai cos'è, vero mister Jones?
Bè, tu cammini nella stanza come un cammello e poi aggrotti la fronte, ti metti gli occhi in tasca e metti il naso sul pavimento: dovrebbe esserci una legge che ti impedisca di circolare dovrebbero farti indossare auricolari,
perchè sta succedendo qualcosa e tu non sai cos'è, vero mister Jones?

Ballata di un uomo sottile (Bob Dylan)

venerdì 21 settembre 2007

Cambi, ricambi, evacuazioni ........... (Cefalù)

Articolo pubblicato sull'Unità del 10.09.07

Ma quale antipolitica
di Marco Travaglio

A vedere i telegiornali di regime, cioè praticamente tutti, sabato a Bologna e nelle altre piazze non è successo niente (molto spazio invece al matrimonio di Baldini, l’amico di Fiorello). A leggere i giornali di regime (molti), il V-Day è stato il trionfo dell’«antipolitica», del «populismo», del «giustizialismo» e del «qualunquismo». In un Paese che ha smarrito la memoria e abolito la logica, questa inversione del vocabolario ci sta tutta: la vera politica diventa antipolitica, la partecipazione popolare diventa populismo, la sete di giustizia diventa giustizialismo, fare i nomi dei ladri anziché urlare «tutti ladri» è qualunquismo.
E infatti, che il V-Day fosse antipolitico, populista, giustizialista e qualunquista, lorsignori l’avevano stabilito prim’ancora di vederlo, di sapere che cos’era. A prescindere. Non sapevano e non sanno (non c’erano) che per tutta la giornata, in 200 piazze d’Italia e all’estero, migliaia di giovani dei Meet-up grilleschi hanno raccolto 300 mila firme (ne bastavano 50 mila) in calce a una proposta di legge di iniziativa popolare che chiede il divieto per i condannati di entrare in Parlamento, il tetto massimo di due legislature per i parlamentari e la restituzione ai cittadini del diritto di scegliersi i propri rappresentanti sulla scheda elettorale. Cioè hanno esercitato un diritto previsto dalla Costituzione, quello di portare all’attenzione delle Camere tre questioni «politiche» quant’altre mai. E l’hanno fatto con l’arma più antica e genuina di ogni democrazia: la manifestazione di piazza.
Quella piazza che, quando la occupano Berlusconi e Bossi e Casini e Mastella per chiedere cose incostituzionali, tutti invitano ad «ascoltare». E quando la occupano un milione di persone senza etichette né bandiere (tante erano mal contate, sabato, da Bologna a New York, se alle 20 i firmatari della petizione erano 300 mila, altrettanti erano ancora in fila a mezzanotte e molti di più avevano desistito per fare ritorno a casa) diventa un obbrobrio da ignorare e rifuggire.
Mentre, nel V-Day after, riparto da Bologna per tornare a casa, chiamo Beppe Grillo per commentare a mente fredda: lui mi racconta, ridendo come un pazzo, che gli ha telefonato il suo vecchio manager, «Cencio» Marangoni, per dirgli che a Villanova di Bagnacavallo c’è ancora la fila ai banchetti. E a Villanova di Bagnacavallo sono quattro gatti, perlopiù di una certa età, e chissà come han fatto a sapere che c’erano i banchetti visto che non l’ha detto nessuna tv e quasi nessun giornale. Ma se a Villanova di Bagnacavallo si firma ancora, forse questa non è antipolitica: questa è superpolitica. È antipolitica difendere la dignità del Parlamento infangata dalla presenza di 24 pregiudicati e un’ottantina di indagati, imputati, condannati provvisori e prescritti? È antipolitica chiedere di restituire la sovranità al popolo con una legge elettorale qualsiasi, purchè a scegliere gli eletti siano gli elettori e non gli eletti medesimi? È antipolitica pretendere che la politica torni a essere un servizio che si presta per un limitato periodo di tempo (dieci anni al massimo), dopodichè si torna a lavorare o, se s’è mai fatta questa esperienza, si cerca un lavoro come tutti gli altri? È antipolitica chiedere rispetto per i magistrati e dire grazie a Clementina Forleo e ai giudici indipendenti come lei? Chi era a Bologna in piazza Maggiore, o in collegamento nel resto d’Italia e all’estero, ha visto decine di migliaia di persone restare in piedi da mezzogiorno a mezzanotte. Ha sentito Grillo chiedere il superamento «di questi» partiti, i partiti delle tessere gonfiate, dei congressi fasulli, delle primarie dimezzate (vedi esclusione di Furio Colombo, Di Pietro e Pannella), della legge uguale per gli altri; smentire di volerne creare uno nuovo; e rammentare che gli «abusivi» da cacciare non sono ambulanti e lavavetri, ma politici e banchieri corrotti o collusi. Un economista, Mauro Gallegati, spiegare i guasti del precariato in un mercato del lavoro senza mercato e senza lavoro. Un grande architetto come Majowiecki illustrare i crimini cementiferi che i suoi colleghi seminano per l’Italia e per l’Europa con la complicità di amministratori scriteriati, e le possibili alternative verso un modo «leggero» di pensare e costruire città e infrastrutture. Alessandro Bergonzoni spiegare la partecipazione democratica con una travolgente affabulazione («Chi è Stato? Io sono Stato»). Un esperto di energie alternative come Maurizio Pallante raccontare quel che si potrebbe fare nel settore ambientale ed energetico al posto di inceneritori, termovalorizzatori, centrali a carbone e treni ad alta velocità per le mozzarelle. I ragazzi di Locri lanciare l’ennesimo grido di dolore dalla Calabria della malavita e della malapolitica. Il giudice Norberto Lenzi rischiare il procedimento disciplinare per avvertire che il berlusconismo è vivo e lotta insieme a noi, anche a sinistra. Sabina Guzzanti prendere per i fondelli la deriva fuffista e conformista dell’informazione. I genitori familiari di Federico Aldovrandi raccontare, in un silenzio misto a lacrime, la tragedia del figlio morto due anni fa durante un «controllo di polizia». Massimo Fini tenere una lezione sul tramonto della democrazia rappresentativa citando Kelsen, Mosca e Pareto. Il giornalista Ferruccio Sansa sintetizzare la sua inchiesta sul «tesoretto» da 100 miliardi di euro che lo Stato non ha mai riscosso dai concessionari, spesso malavitosi, dei videopoker e altri giochi, una mega-evasione fiscale scoperta dal pm Woodcock e dalla Guardia di Finanza, ma coperta da incredibili silenzi governativi.
Alla fine ho parlato anch’io: ho ricordato Lirio Abbate minacciato dalla mafia; ho cercato di spiegare che la tolleranza zero deve cominciare, come nella New York di Giuliani, dai mafiosi e dai corrotti, non dai lavavetri e dagli ambulanti; e ho difeso Cofferati, che avrà tanti difetti, ma non quello di partire dai poveracci, visto che prima ha preteso legalità dagli imprenditori sullo Statuto dei lavoratori. Ho fatto parecchi nomi e cognomi, come tutti gli altri sul palco di piazza Maggiore. Ora scopro che fare i nomi sarebbe «qualunquismo»: e parlare in generale per non dire niente, allora, che cos’è?

P.S. Ho trascorso l’intero pomeriggio sotto il palco e sul palco, e mai ho sentito parlare non dico «contro» Marco Biagi, ma «di» Marco Biagi. Il nome «Marco Biagi» non è mai strato citato per esteso. S’è parlato un paio di volte della legge 30 che abusivamente il governo Berlusconi intestò al professore assassinato, che non poteva più ribellarsi, mentre un ministro di quel governo lo chiamava «rompicoglioni». E ne ha parlato Grillo per chiedere di riformarla, insieme alla legge Treu, aggiungendo che però «il vero problema non sono neppure le leggi: è che in Italia non c’è lavoro». Lo dico perché un amico, l’ex giudice ora assessore Libero Mancuso, che nessuno ha visto alla manifestazione, ha parlato di presunte «offese a Biagi». Posso assicurare che se qualcuno, dal palco, avesse davvero mancato di rispetto a Marco Biagi, su quel palco nessuno di noi, nemmeno Grillo, sarebbe rimasto un minuto di più.

martedì 18 settembre 2007

Quando la metti come vuoi ..... ma risulti sempre ...... (Gibellina)

Protocollo d'intesa sulla riforma pensionistica.

Quasi tutte le parti attrici del recente accordo negoziale sulla previdenza hanno giudicato - anche con i diversi distinguo - sostanzialmente giusto il compromesso raggiunto per il superamento della “legge Maroni”, con una riforma più equa e trasparente.

Tenuto conto che, in mancanza dell’articolato applicativo, l’accordo ad oggi è ancora alquanto nebuloso, allo scopo di rendere più comprensibile l’effetto reale delle novità si propone lo schema che sintetizza i principali criteri che si andrebbero ad introdurre.

Tab. A

Parametri nuovi riforma

decorrenza

vigente

01.01.08

01.07.09

01.01.11

01.01.13

durata

18 mesi

18 mesi

18 mesi

24 mesi

età minima

57

58

59

60

61

anzianità

35

35

36

36

36

quote

92

93

95

96

97


Da subito si ha modo di osservare come, più che a criteri omogenei ed oggettivi, la riforma s’ispiri ad alchimie, quasi certamente legate a proiezioni contabili basate sulle evidenze degli archivi INPS; con regole che allargano o restringono tempi/età/quote in funzione di risultati prefissati da raggiungere (e comunque, secondo uno scadenziario “di uscite di cassa”).

Paradossalmente, mentre l’iniqua “legge Maroni” (discutibili i 60 anni d’età, ma chiaramente deliberato il vincolo) introduceva un chiaro “scalone”, con un criterio oggettivo e stabile nel tempo (anche tenuto conto degli ulteriori incrementi d’età anagrafica, fissati ed oggettivi), la riforma in discussione rappresenta l’elaborato di un “machiavellismo aritmetico” che non pone al centro il destinatario della riforma (il lavoratore) bensì insegue e persegue il raggiungimento di un prefissato “arido equilibrio finanziario”, con parametri instabili e crescenti.

Lo stesso Prodi, che qualche giorno fa aveva anticipato di avere individuato risorse che avrebbero permesso di modificare l’iniqua legge, trionfante ha poi proclamato che l’intera riforma è stata definita senza alcun ulteriore esborso od onere: poiché la matematica non è un’opinione è da chiedersi, se la torta è sempre la stessa, si è sicuri di aver introdotto criteri oggettivamente più equi?

Le parti sociali si sono rese realmente conto dei costi-benefici? Forse c’è un po’ di disinformazione!

Inoltre, poiché i recenti provvedimenti adottati per l’innalzamento dei minimi pensionistici attingono “a regime” alle stesse disponibilità INPS (dopo l’una tantum conferito attraverso il c.d. tesoretto l’onere ricadrà interamente sulle casse previdenziali), insorge il sospetto che nel complesso “abaradan” partorito dai ministeri finanziari siano pure compresi detti nuovi “propagandati” oneri (che resteranno a carico esclusivo del mondo del lavoro). Di ciò nessuno ha preso spunti e men che meno ha evidenziato i risvolti.

Qualcuno potrà obiettare che gli adeguamenti riguarderanno coloro che hanno versato contributi lavorativi, in verità permane quella confusione fra previdenza e assistenza che ha portato al collasso l’autonomo equilibrio del sistema previdenziale.

Ritornando ai nuovi criteri previdenziali riassunti nella tabella “A”, si ha comunque modo di evidenziare incongruenze ed iniquità discriminanti, accentuate anche dall’età anagrafica dei soggetti interessati.

Risulta del tutto evidente che, al di là di qualunque criterio che si intende adottare, che consideri cioè l’età anagrafica, gli anni di contribuzione o la combinazione di entrambi (quota), è fondamentale che questo rimanga il più possibile stabile ed eventualmente univocamente progressivo. Una giusta progressione graduale e qualunque possibile equità dipendono, infatti, dalla stabilità nel tempo di qualunque nuovo criterio.

Dalla lettura della tabella A invece si evince invece che:

1) il primo adeguamento risulta eccessivamente morbido rispetto ai più forti presupposti che si prevede di introdurre solo 18 mesi dopo. Pur avendo di fatto innalzato di un solo anno la quota (da 92 a 93) attraverso l’innalzamento dell’età minima a 58 anni, si rileva che vengono mantenuti per ben 18 mesi detti parametri.

2) Dal primo luglio 2009, invece, non solo è previsto un incremento di due anni della quota (da 93 a 95), in pratica ottenuto sia con l’innalzamento del vincolo dell’età minima di accesso (59 anni) che l’aumento del minimo degli anni di contributi (36), ma viene prevista un’identica durata dei nuovi parametri richiesti (18 mesi); ciò nonostante l’incremento dei parametri è doppio rispetto al passaggio 2007-2008 (+1 anno di età anagrafica e + 1 anno di contributi versati).

3) Come d’incanto, dall’1.01.2011, si ripropone un addolcimento parziale nel nuovo scaglione (quota 96); pur registrandosi l’incremento a 60 anni dell’età anagrafica minima per poter accedere al pensionamento, il mantenimento degli anni contributivi (36) associata alla medesima ampiezza-durata per i nuovi paletti (18 mesi) mostra una palese iniquità di metodo rispetto al periodo precedente.

4) Ancor più addolcito appare il criterio applicato dall’1.01.2013 che, innalzato di un ulteriore anno per l’età anagrafica minima (61), porta a 97 la quota definita e per la durata di ulteriori 24 mesi (otto mesi in più rispetto a prima).

Alla fine risulta del tutto evidente come il compromesso raggiunto sembra più rivolto a conseguire un provvedimento politico volto ad accattivarsi consensi elettorali nell’immediato che ad introdurre criteri equi, che fissino parametri univoci che, al di là del divenire più penalizzanti, assicurino la necessaria trasparente gradualità dei provvedimenti.

In sintesi: senza ombra di dubbio è chiaro come, in pratica, più che introdurre scalini univoci ed armonizzati (indipendentemente dall’eventuale inasprimento progressivo), ci si prefigge di introdurre una temporanea “finestra di esodo” per i primi diciotto mesi (dall’1.1.2008, pur avendo innalzato di un anno l’età anagrafica per l’accesso alla pensione di anzianità si mantiene eccessivamente ampio il periodo di vigenza: almeno rispetto al successivo scaglionamento). Risulta, infatti, maggiormente rigido il "nuovo scalone" avente decorrenza 1° luglio 2009 (che passa da quota 93 a quota 95 e, per di più con l'ulteriore vincolo dell’età anagrafica). Dall’1.01.2011, tornerebbe ad attenuarsi la gradualità degli effetti restrittivi.

Appare, peraltro, anche evidente - dalla lettura della tabella A - il fatto che oltre ad adottare sistemi non omogenei, innalzando apparentemente solo di un anno l’età anagrafica degli aspiranti pensionandi, resta anche un forte condizionamento di rigide date di decorrenza.

Inoltre, una qualunque quota dovrebbe prevedere l’individuazione dei periodi attraverso somme oggettive (ad esempio: quota 95 non è solo il risultato della somma 59+36, ovvero 60+35, ma anche di periodi frazionati quali ad esempio 59,5+35,5 ovvero 60,4+34,6). Infine il voler “persistere” con le “finestre” d’esodo (vincolo artatamente adombrato) costituisce un ulteriore onere a carico del lavoratore; ritardando la decorrenza dell’effettiva applicabilità dei criteri di calcolo.

Quando è meglio possedere una dote! (Cefalù)